Si fa presto a dire pilota!
C’erano una volta campioni che andavano forte dappertutto. Poi negli anni si sono create categorie di piloti specifiche per i diversi tipi di competizione. Una iperspecializzazione, che rende difficile a chi fa le corse su strada -ad esempio- di andare forte anche in pista; o viceversa. Una tendenza che negli anni si sta accentuando sempre più
di Federico Natali
Vi sembra facile correre per 24 ore? Notte compresa, come nella foto d’apertura? No, non lo è. Come non è facile correre in salita o nelle grandi corse su strada. Per non parlare, ovviamente, della pista. Perché ogni disciplina ha i suoi specialisti. L’ho sempre sentito dire fin dalla mia prima gara di velocità in salita molti anni fa.
Quando mi avvicinai alle gare di crono-scalata, i top rider sembravano imprendibili. Ogni volta che andavo a studiare i loro passaggi durante le prove libere rimanevo a bocca aperta. Traiettorie personalizzate con ginocchio molto spesso sull’erba all’interno della curva…incredibile dicevo!
Poi spesso capitava di incontrarli durante le prove libere in circuito, e la poesia che si era creata finiva subito. Molti piloti tra i cordoli non erano a loro agio, e il passo sul giro diventava quello di un buon amatore, confermando ancora una volta che erano specialisti di un’altra categoria.
Questo succede anche nelle road races internazionali: piloti che fanno accapponare la pelle con i loro passaggi radenti a muretti e cancelli, quando partecipano come wild card ad una gara di British Superbike restano spesso nelle ultime posizioni pagando manciate di secondi dai primi.
Sicuramente la B.S.B è un campionato particolare, dove il regolamento che prevede l’abolizione degli aiuti elettronici sulla moto, unito al fatto che i circuiti sono molto tortuosi e spesso umidi, ha fatto tribolare anche piloti del calibro di Sylvain Guintoli o Davide Giugliano, specialisti -appunto- di un’altra categoria.

Poi c’è l’Endurance; e anche qui, tutto può accadere
Le Mans 2015. Il mio equipaggio si qualifica in 55ª posizione in griglia. Per la 24H si possono schierare solo 56 equipaggi, ma ci siamo iscritti in oltre 70. Grazie a una guida pulita e ai cambi pilota perfetti, riusciamo a recuperare il gap che ci separava da molte squadre ben più competitive di noi.
Addirittura, dopo 8 ore di gara eravamo riusciti a mettere dietro il team ufficiale Honda degli specialisti delle road races: McGuinness, Cummins e Stewart. A essere sincero devo ammettere che in quella gara il Team Jackson Racing ha avuto qualche problemino di troppo con l’elettronica della moto, ma… carta canta !
Nelle prove libere del ManxGP avevo avuto il piacere di farmi sverniciare più volte proprio dai due mostri sacri, McGuinness e Cummins, nonostante io fossi con il Supertwins e loro con moto d’epoca! Visti in pista però, nonostante la loro esperienza di gare e il palmarès di vittorie nelle road races, gli si riesce a stare dietro senza troppe difficoltà. Pure con qualche smorfia di soddisfazione dentro il casco!

Cosa è successo nel Mondiale SuperSport?
Durante la prima gara del Campionato Mondiale Supersport 2018 a Philip Island, mi ha colpito proprio un fatto simile: il team campione in carica nel Mondiale Endurance, il GMT#94, ha schierato una nuovissima Yamaha R6, con il pilota Mike di Meglio.
Lui lo conosciamo già come campione del mondo 125 GP nel 2008. Poi lo ritroviamo in Moto 2 fino al 2013. Infine approda alla MotoGP nel 2014, anche se per una sola stagione. Dal 2017 viene ingaggiato dal Team GMT#94 per correre nel Mondiale Endurance con la Yamaha R1, insieme a David Checa e Niccolò Canepa. Si adatta da subito alla nuova categoria e al nuovo stile di guida, diventando quindi uno specialista di Endurance, nonché subito campione del mondo.
Allora perchè un top team campione del mondo è venuto nel Mondiale Supersport per fare terz’ultimo a quasi 20” dal primo?
Cerchiamo di capire. Sicuramente non per sviluppare la nuova R6, visto che le prime 4 moto al traguardo sono state tutte 600 Yamaha. Forse per un accordo con Yamaha Francia? Potrebbe essere l’unica giustificazione plausibile, per la scelta di prendere parte a un campionato nuovo per un team che ha esperienza da vendere nell’Endurance, ma tutto da imparare in Supersport.
E ora le risposte ad alcune domande che mi vengono rivolte spesso
Chi di noi non ha mai pensato: a quanto potrebbe girare un pilota professionista con la nostra moto? Magari durante una giornata di prove libere in pista, quando le provi tutte e il tempo sul giro proprio non vuole scendere.
In passato ci sono state delle eccezioni che hanno dimostrato che piloti professionisti fuori dalla media possono andare forte anche in altre categorie e, soprattutto, con moto derivate dalla serie. Un esempio lampante è stato nel 2001, quando Valentino Rossi ha corso la 8 Ore di Suzuka in coppia con Colin Edwards, vincendo in sella a una Honda VTR simile a quella con la quale il pilota texano correva il Mondiale Superbike.
È ormai consuetudine da alcuni anni vedere piloti della MotoGP che prendono parte alla gara di Endurance del Sol Levante, spinti a partecipare dalle case motociclistiche giapponesi, che danno molto valore a quella corsa in casa Honda.
È anche vero che nel caso di una 8 ore, i 3 piloti non fanno stint molto lunghi, e non riscontrano certamente grossi problemi a mantenere un ritmo veloce e costante con una moto dalla cavalleria decisamente inferiore a quelle della MotoGP. Soprattutto in un circuito che conoscono molto bene.
Ecco perchè invece non si sono mai visti piloti della MotoGP alle prese con il Tourist Trophy, tranne che per qualche giro show.
In questi anni si sono sentite diverse interviste al riguardo, e tutte hanno sempre confermato il fatto che ci vogliano due attributi così per partecipare a una gara del genere. Cal Crutchlow e Jonathan Rea, residenti proprio sull’Isola di Man, hanno anche fatto alcuni giri durante una delle parate organizzate da una delle più famose bevande energetiche, diventata main sponsor dell’evento.
La risposta è molto ovvia, da una parte si cerca di evitare gare con un coefficiente di rischio così alto, quando il dover saltare una o più gare del calendario Moto GP comporta una certa pressione da parte del team, della casa madre e soprattutto del main sponsor che foraggia team e pilota. Dall’altra è molto più semplice: a nessun pilota “top rider“ piace arrivare dietro la banda; motivo per cui se non si conosce bene la categoria e non si è certi di poter arrivare davanti, meglio lasciar perdere!


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