Brembo, e l’arte di fermare i piloti
Frenare, frenare, frenare! Ogni giro sempre allo stesso modo, con la stessa decelerazione pazzesca. Senza allungare la corsa della leva, senza sintomi di cedimento da surriscaldamento. Sull’asciutto come sul bagnato, nell’afa della Malesia come nel freddo della Germania. Se Marquez, Dovizioso & Co possono passare da 355 a 90 km/h in 4,2 secondi, come succede al Mugello prima della San Donato, il merito è della Brembo. Che ha aperto a Netbikers le porte del suo reparto corse
C’è una ragazza nello stabilimento Brembo di Curno, che monta tutte le pinze freno dei piloti della MotoGP. Lo fa sorridendo, con un pizzico di buonumore, e per finire e deliberare una pinza impiega tanto tempo. Fa molte prove con apparecchiature di precisione, e se non è soddisfatta smonta e ricomincia. Alla fine mette una piccola sigla sulla pinza con un pennarello. E la poggia sul tavolo a fianco alla sua postazione di lavoro.
Quando l’ho vista io aveva messo 4 pinze in fila sul tavolo. Sembravano opere d’arte. Lucide, pulitissime, perché un lavoro del genere si fa in un ambiente simile a una sala operatoria. Avrei voluto prenderne una in mano, per rimirarla meglio e soppesarla. Ma sapevo che non si poteva fare, quindi me le sono guardate tenendo le mani in tasca. E oggi ve lo racconto, perché ovviamente, di fare foto non se ne parlava proprio.
“La vita di tutti i piloti della MotoGP è nelle mani di quella ragazza, che monta tutte le loro pinze freno”, ci ha detto Lorenzo Bortolotto, la nostra guida nella visita del reparto montaggio MotoGP della Brembo. Lui è uno dei due ingegneri di pista della casa bergamasca che seguono i team del Mondiale. Appassionatissimo del suo lavoro, Lorenzo ci aveva già intrattenuto al mattino in aula, con una presentazione tecnica approfondita e divertente. Soprattutto, aveva risposto alle nostre domande, senza tirarsi mai indietro.

“Seguiamo con attenzione la sua attività sul web e per questo motivo abbiamo deciso di invitarla il prossimo 14 Marzo alla Brembo Digital Press Racing Conference, l’incontro stampa dedicato agli specialisti sportivi, delle due ruote e del mondo web”.
Si apriva così la mail inviatami dall’iconica casa produttrice di impianti frenanti per moto e auto.
E così eccomi in una assolata e calda mattina, varcare il cancello dello stabilimento. In sala riunioni, con la vetrata che dà sulla linea produttiva degli impianti auto, ci sono già altri 5 colleghi. Bloggers. La giornata è dedicata a noi che scriviamo sul web.

Qualche numero
Si comincia con una presentazione dell’azienda. Nel 2016 il fatturato è stato di 2.279 milioni di euro, con una crescita del 9,9% rispetto all’anno precedente; un andamento confermato anche nell’esercizio del 2017 (2463,6 milioni di euro). I dipendenti sfiorano ormai quota 10mila, considerando tutti gli stabilimenti Brembo sparsi in 15 differenti paesi del mondo. Il 10% della forza lavoro è impiegata nei reparti R&D, con un fatturato dedicato del 5%. E qui a Curno è in fase di realizzazione una inedita “Carbon factory”, una linea produttiva dedicata al carbonio, che permetterà all’azienda di portare in casa e controllare tutti i cicli produttivi anche di questo pregiato materiale. Come già fa con acciaio e ghisa, essendo proprietaria anche di reparti di fonderia. La Brembo è titolare inoltre dei marchi Marchesini (ruote) e AP Racing.
La tecnica degli impianti MotoGP
Inizia la presentazione, e il discorso va subito sul tecnico. Ci vengono mostrati gli impianti MotoGP realizzati. Le pinze anteriori sono di due tipi, chiamate Heavyduty e Lightduty. I piloti le scelgono in funzione del loro stile di guida, ma anche della pista. Quelli pesanti e quelli che frenano molto forte, scelgono le prime, le Heavy, che hanno una massa leggermente superiore e pastiglie poco più grandi, per dissipare una maggiore quantità di calore ed evitare deformazioni. Le pinze più massive si usano però anche su quei circuiti dove i freni sono maggiormente sollecitati, vale a dire Giappone e Austria.
Questo delle temperature è un nodo importantissimo per gli impianti frenanti. Gli impianti in carbonio hanno un range di funzionamento che va dai 250 agli 850 gradi. Al di sotto frenano poco, al di sopra si innesca un processo di ossidazione del carbonio che può portare all’usura del materiale in soli 3 giri di pista; con gravi rischi per il pilota.
Per l’acciaio il range delle temperature va dai 100 ai 600 gradi. In questo caso il raggiungimento di una temperatura superiore può portare alla deformazione del disco, con pericolose vibrazioni.
Il motivo del passaggio al carbonio anche sul bagnato forse è anche qui. L’ing. Bortolotto ci racconta infatti che con gli impianti in acciaio si era ormai troppo vicini al limite di sicurezza per le temperature. Così si è fatta pressione su piloti e team per convincerli a passare al carbonio. “Ma non è stato facile. Ci abbiamo messo 6 anni a convincerli. Per un fatto psicologico. Fortunatamente Marquez ha trovato il coraggio di rompere l’impasse. Ora tutti hanno cambiato mentalità e usano senza problemi il carbonio anche sull’acqua”.
Per quanto riguarda i dischi, i piloti ne hanno a disposizione diversi. E pure in questo caso il nodo sono le temperature. Quindi su piste molti impegnative si usano componenti più massicci, mentre sulle piste più scorrevoli si scelgono quelli più leggeri, che hanno molta aria fra la pista frenante e la flangia di supporto.
Per il diametro si è praticamente generalizzato l’uso di quelli da 340 mm, al quale si è passati qualche anno fa dagli originali 320. Il motivo? Le gomme Bridgestone, in uso allora, avevano una spalla particolarmente rigida, e richiedevano ai piloti una parte iniziale della frenata molto brusca e potente, per far spanciare la gomma sull’asfalto e ottenere la massima aderenza. Una tecnica di frenata che surriscaldava i dischi. E allora il diametro è aumentato. E oggi si tende a usarli di un unico diametro, perché la cosa rende più facile la sostituzione delle ruote in caso di gare con meteo variabile.
Per inciso, gli attacci dei tubi su pinze e pompe non hanno la classica ghiera filettata che conosciamo tutti, ma un attacco rapido a scatto. Cosa che permette il disassemblaggio e il riassemblaggio rapido dell’impianto frenante, nel caso in cui si debba lavorare sulla moto.

La fase di ricerca e testing
Durante la progettazione sono ovviamente fondamentali le simulazioni al computer. Si valutano carichi e tensioni, ma anche flussi d’aria. Per questo è fondamentale disporre dei profili in 3d di tutti i componenti. Cosa che crea qualche problema, perché, mentre non ci sono problemi per cerchi e forcelle, i produttori di pneumatici sono gelosissimi dei profili delle loro coperture. Quindi le simulazioni al computer… mancano dei pneumatici.
Poi si passa ai test veri e propri. Un primo banco è statico, e porta in alto le pressioni d’esercizio dei freni fino a spaccare le pinze. Per misurare il limite massimo del prodotto in sviluppo, ed eventuali punti deboli. Poi si passa a un secondo banco, che riproduce un test dinamico. Apparentemente può sembrare un sistema frenante montato su un tornio, con un computer che simula dei cicli ben precisi.
Per le competizioni si simulano giri di pista su autodromi differenti. Quindi per valutare il funzionamento in MotoGP si usano il ciclo Motegi (il più duro) e il ciclo Assen (il più morbido). Per la SBK invece si usa il ciclo Monza, perché quello lombardo è un autodromo particolarmente impegnativo per i freni. Ovviamente c’è una terza fase di test che è pratica. Quindi si parla di moto in pista per le competizioni, ma anche di veicoli su strada, e con climi differenti, per gli impianti stradali.
Alluminio, magnesio, carbonio e titanio
Due parole, infine sui materiali da costruzione. Per le pinze si parla di alluminio, con realizzazione delle pinze dal pieno, partendo dal tronchetto di materiale proveniente dalla fonderia. Da due anni è stato vietata la lega alluminio-litio, che aveva superiori doti di rigidità. Quindi le dimensioni e il peso delle pinze sono aumentate leggermente.
I pistoncini sono in titanio, per motivi di peso. Così come sono in titanio le placchette delle pastiglie frenanti che lavorano sui dischi in acciaio. Sono invece in carbonio le pastiglie dei dischi in carbonio. E il ciclo produttivo di ogni componente in carbonio è di ben 7 mesi!
Per le pompe il materiale di costruzione è l’alluminio forgiato. Vale a dire una fusione d’alluminio sottoposta a una lavorazione con dei magli che compattano il metallo fuso, in modo da aumentarne le doti meccaniche.
Medesima lavorazione per i blocchi di alluminio o di magnesio che vengono utilizzati per ricavare i cerchi. Con una differenza importante: siccome il magnesio è altamente infiammabile, viene lavorato a secco a bassa velocità. Perché l’apporto di acqua in caso d’incendio rischierebbe di fornire ulteriore ossigeno alla combustione, alimentandola. Il magnesio incendiato non si spegne con l’acqua!
I cerchi in magnesio non hanno più il colore giallo che ricordiamo in passato. Quello era dato dal trattamento anticorrosivo fatto con il cromo esavalente, oggi proibito. Si usa dunque un trattamento differente, che non altera il colore grigio chiaro originario del materiale.
La visita va avanti. Entriamo in zone differenti del reparto corse. Vediamo alcuni componenti anche delle auto di Formula Uno e di quelle da Rally. Pile di dischi finiti, pronti per la consegna ai team. Impressionanti pinze frenanti grandi come quelle che vediamo sui treni, per auto dalle prestazioni elevatissime. Materiale grezzo, e scaffali con cerchi posteriori a vari livelli di finitura. Non ci fanno accedere al reparto Formula Uno, perché ci sono i tecnici di una scuderia che stanno discutendo con gli ingegneri Brembo lo sviluppo delle pinze per la loro monoposto, e non gradiscono occhi indiscreti.
Tutto così a portata di mano. Tutto così raffinato, tutto con leggerezza. L’atmosfera è allegra, si chiacchiera passeggiando fra le postazioni di lavoro. Si sono fidati anche del nostro impegno a non fotografare, e ci hanno lasciato i telefoni in tasca. Non è frequente, in altre aziende per entrare bisogna consegnare il telefono all’ingresso.
La visita è finita. Ci consegnano una chiavetta con un link temporaneo per scaricare di tutto e di più sulla Brembo. Di tutto e di più, tanto che qui trovate solo una selezione delle cose più importanti. Il resto ve lo racconteremo un po’ per volta.
Intanto, se volete approfondire, scorrete in basso dopo il video e la serie di foto. Troverete la descrizione del materiale a disposizione dei piloti MotoGP per la stagione 2018.






I Freni Brembo per il Campionato Mondiale MotoGP 2018
Per la terza stagione consecutiva il 100% dei piloti della MotoGP ha deciso di affidarsi agli elevati livelli di performance, affidabilità e sicurezza garantite dai componenti Brembo: pinze freno, dischi, pompe freno, pompe frizione e pastiglie.
Da quando la classe MotoGP è stata introdotta – nel 2002 – tutti i 278 GP disputati sono stati vinti da moto dotate di freni Brembo. La serie vincente nella classe regina è però più lunga perché l’ultimo GP vinto in 500 da una moto priva di componenti Brembo è datata 1995.
L’Azienda leader nella produzione di impianti frenanti prosegue nel lavoro di sviluppo dell’impianto frenante, per garantire ai piloti le massime prestazioni, l’ottimizzazione del feeling e l’assoluta sicurezza. Brembo, inoltre, risponde alle richieste dei diversi team, offrendo la maggiore
“personalizzazione” possibile dell’impianto frenante, legata alla soddisfazione delle specifiche esigenze dei piloti.
Per la stagione 2018, Brembo propone ai team in gara un’offerta di soluzioni frenanti ulteriormente ampliata e senza precedenti per la classe regina che prevede, per ciascun componente dell’impianto frenante, diverse opzioni tecniche a disposizione dei team e dei piloti.
Un’ampia gamma di soluzioni tecniche che consente a Brembo, pur fornendo il 100% dei piloti al via, di garantire a ciascun pilota la possibilità di “personalizzare” l’impianto frenante della propria moto in funzione del proprio stile di guida, delle caratteristiche del tracciato e della strategia di
gara.
Nel 2018 i piloti avranno a disposizione 2 tipologie di pinza in alluminio (Light duty e Heavy duty) e altrettante varianti di pastiglie in carbonio (High Mass e Standard). Molto più numerose, invece, le opzioni relative ai dischi freno, alle pompe freno e alle ruote.
Constatata l’assenza di novità regolamentari e l’utilizzo di pneumatici con la stessa costruzione e profilo del 2017, i tecnici Brembo che lavorano a stretto contatto con i team prevedono un comportamento di frenata non molto mutato rispetto alla scorsa stagione.

10 soluzioni di dischi freno in carbonio
La maggior parte dei piloti dovrebbe orientarsi sui dischi da 340 mm, dividendosi tra High Mass (a fascia alta) e Standard (a fascia bassa). Per assicurare la medesima coppia frenante ed ottenere un ulteriore alleggerimento, sono stati introdotti i dischi da 340 mm Light. Alcuni team invece
continueranno ad utilizzare i dischi Standard e High Mass da 320 mm.
Inoltre, per ciascun formato di disco freno e pastiglia, sono disponibili due diverse mescole di carbonio che differiscono per bite iniziale e resistenza alle alte temperature.
Complessivamente sono ben 10 le diverse opzioni che Brembo mette a disposizione dei piloti relativamente alla scelta dei dischi freno.Dopo l’esito del GP Giappone dell’ottobre scorso che vide i primi 9 piloti al traguardo con moto dotate di dischi in carbonio nonostante la forte pioggia, saranno sempre di più i piloti che rinunceranno ai dischi in acciaio anche in presenza di precipitazioni atmosferiche.
Il carbonio assicura un triplice vantaggio: riduzione delle masse non sospese, coefficiente d’attrito identico dalla partenza all’arrivo e assenza di problemi di coppia residua che invece possono affliggere i dischi in acciaio.
2 tipologie di impianti con pompa pollice
Diversi sono poi i tipi di pompe freno a disposizione dei team, in termini di interasse. Questa caratteristica permette di adattare sia la corsa sia la “reattività” del comando in funzione del feeling del pilota. Su ogni moto è inoltre presente il remote adjuster, utilizzato dal pilota con la mano
sinistra per regolare la posizione della leva freno, anche a moto in movimento.
Brembo segnala che oltre un terzo dei piloti della MotoGP usa regolarmente la pompa pollice; ma non viene fatto quasi mai in frenata. Piuttosto in accelerazione, per controllare la derapata e lo spinning della ruota posteriore. Questa soluzione tecnica, introdotta da Brembo negli anni Novanta per aiutare Mick Doohan, permette l’attivazione del freno posteriore premendo un’apposita leva posta sul semi-manubrio
sinistro.
Due sono le varianti di impianto con pompa pollice in uso nel 2018: la più diffusa si caratterizza per un unico circuito della pompa pollice e del pedale, servendosi di una pinza posteriore a 2 pistoni. L’alternativa, invece, dispone di due circuiti separati, ciascuno dei quali agisce su 2 dei 4 pistoni
della pinza posteriore. Nel primo caso un sistema esclude l’altro, nel secondo possono operare in contemporanea.
3 opzioni di ruote Marchesini
Anche per la stagione 2018 le ruote in magnesio forgiato Marchesini equipaggiano la maggior parte dei piloti della MotoGP. Le ruote Marchesini sono a 7 razze e sono realizzate in 3 varianti sia per la ruota anteriore sia per quella posteriore: una soluzione più leggera ma meno rigida, una più
rigida ma anche più pesante e una che si pone a metà strada tra le due. Le ruote Marchesini, marchio del Gruppo Brembo, assicurano alle moto un risparmio di peso, favorendo l’accelerazione e la maneggevolezza nei cambi di direzione.
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