Professione designer: vi racconto la mia Triumph Tiger 900
Rodolfo Frascoli è uno dei designer italiani più apprezzati, e su queste pagine avete già letto una sua intervista, ormai un paio d’anni fa. Da allora periodicamente ci siamo sentiti, e c’era la voglia di tornare sull’argomento, per completare la narrazione iniziata. Poi è arrivato un comunicato della Triumph che parlava del designer padre della nuova Tiger 900. E abbiamo capito che era arrivato il momento di scrivere insieme un nuovo articolo
Quello che abbiamo passato è stato un periodo frizzante per Frascoli. Lui ha l’ufficio collegato alla casa, quindi può lavorare da solo, magari facendo riunioni in videochiamata. E durante il lockdown ne ha approfittato per dare sfogo alla fantasia e lavorare.
Negli stessi giorni è capitato di sentirci. Una chiacchierata informale, ma poi, il solito vizio di fare domande da giornalista. Rodolfo, come nasce una moto nella tua testa? Da dove parti? Da quali punti fermi? E come sviluppi il tuo lavoro? Anzi, partiamo da questo maledetto lockdown: c’è un rallentamento nel lavoro delle case?
“Hanno chiuso le fabbriche – dice al telefono –, ma la progettazione non si è mai fermata, e si sono fatte tante riunioni via Internet. Quindi ho lavorato molto nella prima parte dell’anno”.
Magari con il Covid le case hanno rivisto le previsioni di vendita nei vari segmenti e hanno cambiato le priorità dei modelli da sviluppare?
“Non mi sembra. Io lavoro sulle moto che saranno in produzione fra 5 anni, e non ho avuto input diversi. Però sicuramente a breve ci troveremo a disegnare nuovi veicoli elettrici. Mezzi per l’uso utilitaristico in città. Era una tendenza giù in atto, che ora sicuramente accelererà. Grazie anche al Bike Sharing”.

Parliamo della nuova Tiger 900? Come ti sei mosso? In Triumph ti hanno dato delle linee guida?
“Il progetto è partito nel 2016, quando ad Hinckley mi hanno detto che volevano rifare la Tiger 800. L’obiettivo era trasmettere al mercato l’idea di una nuova moto Adventure, che avrebbe segnato un’epoca. Doveva avere un carattere diverso dal passato, con una personalità molto marcata: Adventure e Offroad. Anche più amichevole rispetto a prima, visto che la 800 aveva un motore che prendeva in alto. Questa invece è potente e cattiva, ma non è un cavallo pazzo, ed è pronta anche sotto”.

Insomma, un taglio con il passato.
“Taglio è una parola che in Triumph non si usa e sono d’accordo. Serve una continuità con il passato. Questa moto è un’importantissima evoluzione della precedente. E tutti la riconoscono e la devono riconoscere come Triumph. Anzi, come Tiger. Gli stilemi ci sono tutti”.
Qual è stata la cosa più difficile?
“La sfida è stata trasmettere il carattere Adventure con una moto che doveva avere sia la versione con ruota anteriore da 21 che da 19, perché quest’ultima in determinati mercati vende tantissimo. Quindi da una parte quella con ruota da 21, moto tipica da avventura, da rally; dall’altra quella con ruota da 19, più votata al turismo veloce e ad altri impieghi. E l’unica differenza fra le due, il parafango più stradale della versione con la ruota più piccola. Il resto della carrozzeria è identico. Non è stato facile. La 21 era molto bella e dakariana, ma la 19 ci dava qualche dubbio in più. Invece piace”.
Quindi sei soddisfatto?
“Molto: mi sembra una moto equilibrata in tutto. La 800 era più robotica. Su questa invece è stato fatto un grosso lavoro nel linguaggio formale del mezzo, nel trattamento delle superfici, ora più pulite, più estese e meglio raccordate. C’è molta armonia nei rapporti di tutte le linee. Sembra anche più snella e più leggera, invece ha un serbatoio da 21 litri”.
Nel comunicato stampa ho letto con divertimento la storia dei 10 millimetri italiani.
“A volte fra designer e ingegneri ci si capisce poco. Capita che per me siano fondamentali alcune modifiche che per un ingegnere possono essere di ridotta importanza. A volte gli ingegneri hanno esigenze tecniche differenti. Così nelle riunioni è capitato che io abbia risposto alle loro rimostranze che si trattava di una modifica di soli 10 mm, indicandoli con le dita. Quando poi, dopo lunghe trattative, mi venivano concessi i 10 mm, sul clay diventavano 20, se non di più. Così ora gli ingegneri Triumph quando chiedi loro cosa siano ‘the famous italian 10 mm’ rispondono col pollice e l’indice che si allargano vistosamente”.

Ci eravamo lasciati un anno e mezzo fa con una tua previsione sull’evoluzione futura delle moto dal punto di vista del design: ci dicesti che fari e nuove dotazioni tecniche avrebbero influenzato la linea delle moto. A che punto siamo?
“Per ora le mie previsioni si sono avverate in parte, perché alcune dotazioni tecniche debbono ancora arrivare. Però le novità iniziano a vedersi: guardate la Yamaha Tracer 700, e noterete che sono spariti gli occhioni, i fanali grandi. C’è la tendenza che avevo citato di andare verso fanali più piccoli e tecnologici, ma mancano ancora i componenti giusti per proseguire con questa rivoluzione, i fari Oled”.
Di cosa si tratta esattamente?
“Oled significa diodi organici, organic light emitting diode, già in uso su smartphone e tv. Gli Oled hanno la peculiarità di poter essere curvati e di essere privi di parte riflettente. Possono essere composti da oltre 50 elementi, ciascuno regolabile singolarmente, in modo da creare qualsiasi tipo di contorno faro, con in più la possibilità di mutarlo a seconda delle necessità. Serve più luce? Faro più ampio. Sono in pista? Sguardo cattivo. Sono in città e il rilevatore di prossimità individua un pedone? Segnale di pericolo. E altre applicazioni. Quindi non più un design del proiettore statico, ma vivo, organico, con la possibilità di ‘spalmare’ sulla carrozzeria lo stesso fanale. Qualcosa al posteriore delle auto si è già visto su BMW e Audi, ma ci vuole ancora un po’ di pazienza per vederli sulle moto, per i soliti motivi di costi .Quando arriveranno sicuramente ci divertiremo”.
Altre tendenze nelle moto?
“La miniaturizzazione. In tutti i segmenti, tranne che nelle Adventure. Quest’ultima è una categoria interessantissima, perché non è più costituita dalle Enduro adattate alla strada di una volta. Ora le Adventure sono diventate un vero segmento, con le quali si può fare tutto. Ci fai un fuoristrada leggero, ma ci si va anche forte, da solo o con il passeggero, magari anche con il bagaglio”.
Tutte moto di grandi dimensioni, in effetti.
“A parte l’MV Agusta Turismo Veloce, che è un progetto diverso. Per il resto sono moto che vogliono offrire una grande abitabilità, e per forza di cose hanno un interasse importante. E allora la sfida diviene farle snelle dove si può fare”.
E dove si può fare?
“Ci sono degli stratagemmi. Non è detto ad esempio che queste moto debbano per forza avere un testone grosso. Si possono coniugare i grandi volumi con un senso di leggerezza. Questa categoria è molto eccitante per noi designer, perché è quella nella quale si allarga il recinto che contiene il nostro campo d’azione. I volumi ampi lasciano molto spazio alla nostra fantasia. Certo, il rischio dietro l’angolo è fare una moto che va bene solo per le persone più grandi di statura. Ma è anche vero che poi si rendono sempre disponibili accessori specifici per chi è di corporatura minuta”.
Quali sono i passaggi che portano dall’idea al veicolo pronto per andare in produzione?
“Il triangolo ergonomico sella-manubrio-pedane viene definito in fase di progettazione, prima di ragionare sul design. Quindi è intorno a quello che penso la moto che vorrei. Nella fase di modellazione si lavora molto sull’ergonomia da fermo, Ma poi ci sono dei componenti da affinare in una fase successiva, quella del collaudo; che è incredibilmente seria e impegnativa”.
Questo non ce l’avevi raccontato l’altra volta.
“Si, il collaudo è importante, perché alla guida si alternano tester diversi, con corporature diverse. E si verificano molte cose. Come la forma della sella, che influenza la posizione delle gambe quando ci si ferma. O le linee del serbatoio”.
E si fanno modifiche importanti ancora in questa fase?
“Certo. Capita di dover stringere la sella di 10 mm magari, e allora si torna al clay – il modello in pongo del quale abbiamo parlato nel nostro precedente articolo –, e si fanno le modifiche. Una volta che il prototipo è più definito si fanno le scansioni 3D, sia della moto intera che dei particolari. È un processo che velocizza molto le fasi successive di affinamento. Per questo si fanno molte scansioni”.
Su quanti progetti puoi lavorare simultaneamente?
“Attualmente ne ho in gestazione 5-6, a diversi stadi di sviluppo. Lavoro ovviamente con più marchi, ma per mia politica non prendo progetti sul medesimo segmento o tipologia di moto da case concorrenti. In caso rifiuto la proposta, per non sovrapporre due progetti simili”.
La chiacchierata con Rodolfo Frascoli finisce qui. Io vado al prossimo articolo, su altro argomento. Lui tornerà ai suoi progetti, ai modelli, alle riunioni con gli ingegneri o ad assistere alle sessioni di collaudo. Bello questo mondo della moto, dove il lavoro è anche passione e viceversa. Una fortuna. Ci vediamo alla prossima moto!
Con Frascoli avevamo già pubblicato:
La mia storia d’amore con la Suzuki Katana
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