Con AirShaper la galleria del vento diventa virtuale
L’azienda belga AirShaper ha sviluppato una tecnologia che permette di studiare l’aerodinamica di un modello virtuale di moto in 3D disegnato in CAD, riducendo di molto l’esigenza dei costosi e lunghi test in galleria del vento. Un’innovazione che nel settore dei veicoli potrebbe essere classificata come “disruption”, vale a dire uno di quegli stravolgimenti tecnologici che lasciano il segno
Lui si chiama Wouter Remmerie, ed è il fondatore della giovane startup belga AirShaper. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare come funziona questa sorta di galleria del vento virtuale, che molti costruttori di veicoli hanno iniziato a usare per velocizzare la fase di definizione aerodinamica dei loro prototipi.
“Ho studiato ingegneria meccanica – inizia a raccontare Remmerie – e successivamente ho lavorato per cinque anni nel campo del design. Sin da bambino però avevo il sogno di disegnare un’automobile. Ed avevo idee ben precise su come avrebbe dovuto essere. L’idea era di utilizzare dei canali d’aria interni ed esterni alla vettura, per generare forze laterali utili a migliorare l’aderenza in curva. Volevo insomma andare oltre il concetto classico delle forze verticali, della deportanza, che viene solitamente usata per schiacciare l’auto a terra e generare più trazione dei pneumatici. Un concetto che ritenevo più efficiente, perché la deportanza assorbe molta potenza del motore”.
“Non sapevo però se la mia teoria avrebbe funzionato, e i primi esperimenti li ho condotti con la Volkswagen Golf di mia proprietà, guidandola alla massima velocità, attorno ai 180 km/h, e aprendo una porta per vedere se aveva effetti sulla stabilità. Ovviamente ne aveva! (ride). A quel punto ho realizzato un modello 3D, e mi sono rivolto a un’azienda di ingegneria per farlo analizzare”.


Un’idea forse un po’ costosa?
“Mi chiesero 2-3mila euro. Finì che iniziai a lavorare per quella azienda, dove incontrai un investitore che si interessò al mio lavoro. Ne venne fuori un brevetto, e con esso la possibilità di parlarne con Ferrari, Pagani, e altre realtà che costruiscono auto ad alte prestazioni“.
“Non se ne fece niente, ma fu grazie a questa esperienza che 10 anni fa iniziai a lavorare nel campo dell’aerodinamica“.
“In quel periodo effettuai test e simulazioni su macchine di Formula 3, barche da competizione, bob, biciclette, pannelli solari ed altri oggetti fra i più disparati. Era un lavoro abbastanza ripetitivo in cui dovevi prendere il modello 3D del cliente ed affinarlo, prima di passarlo al simulatore; perché doveva essere un modello perfettamente chiuso. Non dovevano infatti esserci spazi interni aperti, pena una simulazione alterata nei risultati. Successivamente, si impostavano i vari parametri, si lanciava la simulazione e si preparava il report. AirShaper è nato per automatizzare l’intero ciclo”.
In cosa differisce AirShaper da una simulazione tradizionale con un modello reale?
“Con il nostro sistema le uniche cose da fare sono creare un account sul nostro sito, caricare il modello, selezionare la velocità del vento e l’orientamento ruotando il modello; quindi scegliere il livello di accuratezza. Dopodiché la simulazione girerà in automatico nel nostro Cloud, producendo un report completo dopo poche ore o qualche giorno, a seconda del livello di precisione richiesto. Il report contiene informazioni sui coefficienti di penetrazione aerodinamica: Cd, Cx o Cw, come vengono comunemente indicati. Se presente viene anche indicato il carico aerodinamico verticale“.
“Quindi vengono fornite diverse rappresentazioni tridimensionali del flusso d’aria, per permettere al cliente di analizzare in che punto c’è una resistenza, dove ci sono turbolenze, da dove arriva un rumore aerodinamico, dove esistono zone di pressione, importanti da sfruttare per il raffreddamento. Tutti questi dati possono essere utilizzati dai designer per affinare il prodotto“.
“In virtù del fatto che il nostro è un sistema automatizzato e semplice da usare, abbiamo clienti che testano prodotti dei settori più disparati: dai droni alle pale eoliche, oltre ovviamente alle auto da competizione. In questo periodo, ad esempio, stiamo lavorando a un progetto su una Porsche GT4”.
AirShaper è un contributo importante anche per le aziende motociclistiche?
“Siamo in trattative con alcuni costruttori interessati all’idea. Alcuni producono moto tradizionali, altri sono specializzati in moto elettriche. Non possiamo ovviamente fare nomi, perché abbiamo clausole di riservatezza. Anche in campo motociclistico però, l’aerodinamica sta diventando sempre più importante. Con le normative antinquinamento sempre più severe, bisogna ridurre al minimo la potenza necessaria per muovere il veicolo in velocità, perché così si riducono anche le emissioni. Ancora più importante lo diventa per le moto elettriche, che hanno una maggiore necessità di quelle a combustione di massimizzare l’energia spesa per il movimento”.
In cosa differiscono le moto dagli altri mezzi di trasporto?
“Per prima cosa, l’assorbimento aerodinamico su una moto è decisamente consistente. La causa di questa bassa efficienza è nel corpo del motociclista in sella, che ha necessità di muoversi durante la guida, soprattutto in curva. Quindi l’efficienza aerodinamica cambia continuamente, ed è estremamente difficile progettare una moto che renda efficiente tutto l’insieme. E lo è ancora di più se si considera che i motociclisti possono essere di qualunque dimensione fisica. Così si gioca con le dimensioni dei cupolini, e si cerca di immaginare quale possa mediamente essere la posizione del conduttore”.

“Una cosa che differenzia le moto dalle macchine è che nelle prime cambia l’angolo d’attacco. Per esempio, l’angolo d’inclinazione in curva cambia continuamente, il che significa che anche l’interazione aerodinamica con il terreno si modifica nel tempo. Un’altra è che nelle auto è presente sempre un po’ di effetto suolo, il flusso aerodinamico sul fondo della macchina. In una motocicletta questo cambia del tutto se si ha un angolo di inclinazione laterale come in piega o longitudinale come in frenata o in accelerazione; e questo rende le cose molto più complesse. Questi vettori di forza cambiano in continuazione, e magari cambiando angolo di inclinazione puoi avere degli effetti indesiderati, potenzialmente anche pericolosi“.
“Probabilmente sono queste alcune delle ragioni che hanno ritardato l’applicazione dello studio aerodinamico avanzato alle motociclette. Solo negli ultimi anni grandi marchi, come Ducati, hanno iniziato a interessarsene per migliorare le prestazioni”.
Immagino che una casa come quella lavori molto in galleria del vento
“Tutte le grandi case lo fanno, comunque. Le nostre simulazioni sono complementari, non sostitutive dei test nella galleria del vento. Ognuna delle due soluzioni ha i suoi vantaggi e svantaggi“.
“In galleria del vento i vantaggi sono che si tratta di un modello reale. Di conseguenza, se impostato bene, garantisce una buona accuratezza; nonostante con i modelli in scala sia sempre un po’ una scommessa.
Il problema è che costa parecchio fare un modello e metterlo in galleria, specialmente se non si è ancora certi di come sarà la versione finale.
Quindi le simulazioni diventano più pratiche nella fase iniziale della progettazione, quando si lavora ancora con i modelli 3D virtuali. Per esempio, quando si stanno ancora definendo le forme , la simulazione consente di fare parecchi test e trovare le differenze fra cinque o anche dieci concetti differenti per la forma finale. Questo permette di convergere verso pochi ‘vincitori’ che poi si possono modellare fisicamente e testare in galleria“.
“Per questo le due soluzioni si completano una con l’altra. Se consideriamo che il costo medio per una simulazione in una galleria del vento base, senza un pavimento mobile, può aggirarsi attorno ai 5mila euro al giorno, ridurre il lavoro a due giorni invece che 7 ha un impatto economico positivo“.
I costruttori moto sono interessati all’aerodinamica anche relativamente al turismo?
“Certo! Recentemente ho avuto una conversazione con uno dei maggiori produttori di caschi, e mi parlava nello specifico del comfort del motociclista”.
“Una delle simulazioni che facciamo riguarda la stima del rumore generato dal vento. È emerso che il cupolino è importante per mettere il motociclista in una ‘bolla d’aria’, sia per proteggerlo dalla pressione del vento che per ridurre il rumore. Ma queste due esigenze possono essere contrastanti. Qualche volta succede che il vento segue bene il cupolino, ma raggiungendone il bordo assume un moto molto turbolento, e questo può incrementare il rumore. Quindi è complicato raggiungere il giusto bilanciamento. Cosa che dipende anche dalla forma del casco, e da come questa si accorda con la forma del cupolino“.
“È importante anche andare a vedere come si formano le turbolenze locali, sia per fare una stima del rumore che per un discorso di comfort termico del conducente. Per esempio ci è capitato di seguire dei progetti relativi al comfort termico degli zaini, dove il flusso locale dell’aria è importante per la ventilazione del punto di contatto con la schiena: un flusso di aria turbolento andrà in quel caso a rinfrescare maggiormente di un flusso d’aria laminare”.

Viene in mente il caso di quando trasportando un passeggero, la presenza di un secondo casco dietro fa scuotere la testa del conducente oltre una certa velocità.
“Assolutamente! Questo effetto di scuotimento è il tipico risultato della propagazione del vortice. Quando hai un oggetto abbastanza simmetrico, la scia del flusso d’aria dietro di questo tende a essere instabile, saltando da destra a sinistra. E queste sono forze che si ripercuotono sul casco stesso. I trucchi per risolverlo passano anche dall’introdurre piccoli elementi che disturbano il flusso, per rendere la scia più stabile”.
Quando pensate di essere pronti per entrare in forza sul mercato motociclistico?
“Siamo già pronti. Basta caricare un modello 3D e, acquisito il consenso del cliente, il sistema può essere avviato. Di solito la nostra soluzione viene utilizzata nei primi stadi del processo di progettazione. Quindi aiutiamo il cliente a definire l’aerodinamica. Dopo questa fase le aziende passano all’industrializzazione, e quindi alla produzione. Tipicamente, durante i mesi successivi al nostro lavoro, i progetti hanno un carattere di confidenzialità, in attesa che venga depositato il brevetto. Quindi c’è un po’ di ritardo, tra il momento in cui lavoriamo su qualcosa e il momento in cui il prodotto finito viene presentato al pubblico. Un modo per tenere d’occhio questo processo è monitorare i brevetti che vengono registrati, che tra l’altro è pure una maniera molto interessante per avere un’anticipazione della tecnologia che vedremo in un prossimo futuro”.
Quanto tempo ci vuole per ottenere dei risultati una volta che si è caricato il modello 3D?
“Offriamo tre livelli di simulazione. Il più semplice richiede dalle quattro alle cinque ore per essere processato. Poi abbiamo la simulazione dettagliata che prende circa un giorno. Infine, abbiamo la simulazione finale, che permette di verificare i minimi dettagli e di solito richiede attorno ai due o tre giorni. Il nostro algoritmo riesce a lavorare con superfici aperte, cosa che fa risparmiare un sacco di tempo“.
“Può sembrare un dettaglio, ma quando disegni una moto, specialmente nelle fasi iniziali, usi diverse superfici e poi ne metti assieme due o tre in un unico modello 3D, e il più delle volte il modello non è ‘chiuso’. Di solito quando fai una simulazione hai bisogno di un modello chiuso, altrimenti detto ‘a prova d’acqua’. Questa è forse la ragione principale per cui qualcuno pospone le simulazioni aerodinamiche alla fase finale; altrimenti dovrebbero chiudere il modello ogni volta che fanno una modifica. Nel nostro caso abbiamo speso mesi per affinare il nostro algoritmo, in modo da prevenire questo problema, il che risparmia settimane di lavoro ai disegnatori e aiuta a velocizzare il processo”.
L’aerodinamica di un mezzo è influenzata anche dal materiale usato per le superfici. Il vostro sistema tiene in considerazione pure questo?
“Nella nostra piattaforma partiamo dal presupposto che la superficie sia liscia. Tuttavia, possiamo effettuare simulazioni ad-hoc introducendo superfici con vari livelli di ruvidezza”.
Il vostro modello funziona solo su superfici esterne o anche su superfici interne? Come i collettori di aspirazione di un motore, per esempio.
“Ogni tanto ci viene fatta questa domanda specifica e la risposta è che è possibile, ma per renderlo funzionale dovremmo creare un’interfaccia differente. Cosa che stiamo considerando di fare”.
Avete intenzione di sviluppare ulteriormente il vostro prodotto in futuro o avete raggiunto il limite di quello che è fattibile con la tecnologia attuale?
“Si, certo, al momento stiamo lavorando all’integrazione con le varie piattaforme di progettazione 3D, in modo che sia possibile integrare la simulazione all’interno del flusso di lavoro, senza dover lasciare la piattaforma per caricare manualmente il file. Poi ci sono altre novità in arrivo”.


Per maggiori info e dettagli, il sito di AirShaper è ricco di spunti e casi di studio. Noi vi abbiamo selezionato alcuni video
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