Che rapporto avete con la velocità in moto? Che limite vi ponete? Vi affascina? E se si, come trovate il punto d’incontro fra passione e razionalità, fra passione e coscienza? (La foto d’apertura è di Phase)
Nota: l’articolo originale risale al marzo 2018. Ma trattandosi di argomento sempre attuale, viste anche le potenze sempre crescenti delle moto commercializzate, ho apportato qualche modifica e l’ho “ritirato su”. Mastic
Fra motociclisti si parla spesso di guida sportiva e di prestazioni. La velocità affascina, la velocità dà ebbrezza. Piace a tutti. E tutti noi, quando ne parliamo, siamo un po’ come quel pescatore che ogni volta che ti racconta del pesce che ha preso, lo descrive più grande. Lo fanno quelli con la moto hypersport e quelli con la naked più tranquilla. Ognuno a modo suo. E ognuno quando guida si regola in funzione del proprio limite psicologico e razionale, vale a dire di quanto ritiene ragionevolmente possibile andare forte in un determinato tratto di strada. Poi, ovviamente, c’è il limite oggettivo, vale a dire le capacità di guida. La velocità è un tema maledetto sulle pagine della stampa. Io per primo spesso mi sono censurato. Io che sono un paladino della sicurezza stradale, ma che amo la guida sportiva. Poi, qualche anno fa mi sono trovato a scrivere un articolo tutt’altro che ipocrita per una rivista che si rivolge in buona parte a membri della Polizia Stradale. E allora, giù il velo. E proviamo a capire come si può cercare (l’impossibile?) punto d’incontro fra la nostra passione e la ragione.
C’erano una volta gli smanettoni Si chiamavano così, ed erano gente che amava tantissimo la velocità in moto. Ne facevano un culto, con regolari sfide su strada. Spesso erano piloti che correvano anche in pista, e fra loro non mancavano i nomi buoni. Perché la strada resta qualcosa di diverso dalla pista. La danza delle curve, quando si prende il ritmo, ipnotizza e dà benessere, per il meccanismo di rilascio delle endorfine conseguente a forti emozioni oggi ben noto. Inutile nasconderlo. Qualche anno fa, per scrivere l’articolo citato in apertura, ho ricontattato i vecchi compagni di scorribande. E inaspettatamente ho scoperto che… erano tutti vivi e in ottime condizioni di salute! Immagino gli scongiuri in questo momento, ma sono rimasto stupito nel ritrovare signori di 50-60 (e più) anni che continuavano e continuano ad andare in moto. Magari con una guida più tranquilla, o con una minor frequenza di “sparate”. Ma sono ancora tutti qui! Ho ragionato su questo dato, per arrivare a un’unica possibile conclusione: a parte il fatto che questi particolari motociclisti la scrematura l’hanno già superata quando hanno iniziato la loro carriera (sono dei sopravvissuti!), indubbiamente sono tutti accomunati da una fortissima specializzazione. Una preparazione particolare, costruita negli anni, correndo in pista e superando indenni cadute e rischi enormi. Il confronto con gli smanettoni attuali è impietoso. I pochi che oggi ancora amano la guida al limite su strada, spesso sono arrivati alla moto quasi per caso. Non hanno corso in pista, e mancano di quella cultura specifica che faceva invece parte del bagaglio dei vecchi. Oggi in molti scoprono la moto all’improvviso, trovano la compagnia che fa le uscite su strada e si buttano. Sono loro i motociclisti che -come recitano le statistiche- scivolano da soli sulle strade di montagna, o fanno incidenti frontali perché finiscono contromano nelle curve a destra. Lo smanettone esperto di una volta sapeva gestire con freddezza un ingresso in curva troppo veloce, ad esempio. Cosa che succede con frequenza, quasi con regolarità, quando ci si mette in testa di dover andare forte. Chi ha corso ha imparato in pista a gestire tale situazione. L’improvvisato no, ed ecco anche che la sua estemporanea sfida su strada non si gioca più ad armi pari. Perché il vecchio esperto è molto più a suo agio e tranquillo.
Come vivere la nostra passione? Tutti noi viviamo di emozioni e di passioni. Per qualcuno il trasporto per la guida sportiva è molto sentito. Il mondo però va avanti, e nessuno può rifiutare di emanciparsi. Questo porta le persone coscienti a porsi l’interrogativo su quale sia il giusto punto d’incontro fra passione per la velocità e coscienza. Esiste? Rassegnamoci: la naturale evoluzione della nostra mobilità sarà verso veicoli sempre meno ludici e sempre meno appassionanti. Ci siederemo su un qualche cosa che, senza emozioni, ci porterà in sicurezza, economia ed ecologicità, da un punto A a un punto B. Dunque, per recuperare la passione saremo costretti a scinderla dalla mobilità. Vale a dire ad andare in pista. Magari con formule nuove, meno costose, che si potranno inventare.
In attesa che il mondo evolva in quella direzione, credo che sarebbe utile promuovere una discussione su questo tema. Perché mettendo la testa sotto la sabbia non si risolvono i problemi. E anche la repressione non porta risultati.
Sicuramente sarebbe utile su certe strade una superiore presenza delle forze di polizia. Con pattuglie possibilmente formate da agenti motociclisti, per evitare l’ottica strettamente punitiva, se non degli eccessi, e stimolare piuttosto un rapporto di reciproca conoscenza e confronto. Altrove ho visto che qualcosa di simile funziona. Perché spesso i poliziotti condividono la nostra passione, sono dei nostri. Affrontare il tema, lasciando parlare chi conosce il mondo della moto sportiva potrebbe servire anche a far capire ai meno smaliziati quante lacune hanno nella loro guida, quanto differente sia la tecnica che in televisione vedono applicare dai campioni del manubrio. E servirebbe anche a fare sensibilizzazione sul tema della sicurezza stradale. Insomma, andrebbero incentivate le occasioni di fare corsi di guida sicura avanzata uniti a situazioni di convivialità. Perché quando un gruppo affronta insieme un problema o un discorso, è più facile che la conseguente elaborazione sfoci in risultati positivi. Conoscere la moto e i motociclisti, una cosa che tornerebbe utile anche a chi vigila sui nostri comportamenti. Perché molti tutori dell’ordine sono a loro volta motociclisti, ma ce ne sono altri che non si rendono conto di quali siano realmente le situazioni di pericolo. E magari a volte si arrabbiano troppo per comportamenti che non sono poi così pericolosi. Massì, lanciamo questo sassolino nello stagno, senza voler assolutamente sdoganare il concetto che la velocità non sia pericolosa. Personalmente nei corsi che ho fatto ho puntato molto più il dito contro il differenziale di velocità fra veicoli piuttosto che contro la velocità in sé stessa. Ma il Codice della Strada è legge e non si discute. E se qualcuno vorrà approfondire questo tema, nel Forum potremo proseguire liberamente.
Si parlava di velocità come divertimento?
L’intervento di Max, motociclista sportivo, ma non smanettone Chiudiamo con l’intervento dell’amico Max, anche lui un motociclista di lungo corso e di tanta passione. Scorrendo in basso entrate nel Forum di Motoskills, dove potrete commentare e tenere aperta la discussione!
“Ritengo di essere uno che va forte in moto, ma con un minimo di giudizio. qualche volta mi è capitato di vedere (e di andare con…) gente estremamente sopra le righe. Le prestazioni delle moto odierne, soprattutto supersportive e naked sportive, consentono “cose che voi umani…” Va da se se la velocità aumenta con grado due… i rischi aumentano con grado tre… quattro e così via. non c’è rapporto diretto tra velocità e rischio. Ma spesso chi mette in strada certe perle di saggezza sembra non saperlo. io non ho mai visto nessuno che fermandosi dopo una serie di minkiate del genere avesse il benché minimo atteggiamento appropriato a uno che avesse appena coscientemente rischiato la sua vita. sempre tutto normale. questo non lo capisco. Ho guidato a vita persa e so che le mie capacità me lo consentono, ma esse non bastano SU STRADA a garantirmi l’incolumità. per cui quando (raramente) mi si chiude la vena… una volta fermo so che è stata né più e né meno di una roulette russa. Mi è andata bene… punto. questa secondo me è la differenza tra chi ha l’abitudine alla guida a vita persa e chi invece non ce l’ha. Non è la capacità di farlo, ma la totale sconnessione tra cervello e percezione del rischio. e non mi si venga a dire che si tratta di diversa abilità… perché oltre un certo limite quelle contano solo su pista. su strada NON DIPENDE PIÙ da te e dalle tue doti di guida. Tu fai il tuo… e se non lo fai bene sei già spacciato…. poi il caso e la buona sorte devono metterci del loro per evitare ciò cui non potresti porre rimedio“. Post nota di Max: “quest’ultimo anno, per la prima volta da quando vado in moto, non ho trovato in strada nessuno dei pazzi che descrivo nel commento“.
Che poi fra quelli che giocano con la velocità ci sono anche questi
Per intervenire e dare il tuo contributo, scorri in basso ed entra nel Forum di Motoskills.it. Ti sarà sufficiente registrarti al nostro sito e loggarti per iniziare a scrivere!
Ebbene si, affrontiamo il tema proibito della velocità. Giù il velo e niente ipocrisia. La velocità purtroppo affascina molti di noi (quasi tutti) e ci costringe ogni volta che andiamo in moto a cercare il punto d’incontro fra passione e coscienza. QUI il mio articolo.
Sia che la velocità è bellissima tanto quanto pericolosa,che non è solo la velocità ad essere pericolosa,ma lo è l’abitudine ad essa,la Coscienza con la C maiuscola della velocità,quella che ti fa andare avanti,a vedere avanti,a sapere che per fermarsi ci vuole tutto l’orizzonte del visibile La velocità mi rendo conto adesso,dopo +50 anni di cazzate,ci si rende conto quando va più veloce del tuo cervello. Capita adesso che il cervello rallenta ed allora l’esperto,il sopravvissuto si adegua,ma lo dovrebbe fare anche l’inesperto,perchè quell’orizzonte dietro la curva non lo conosce,e nemmeno l’immagina,o lo sottovaluta
Per cui per godere della velocità si fa selezione,nei tempi,negli spazi e nella compagnia Partendo da quest’ultima riconosciamo quanto è importante iniziando dall’essere soli.Difficile fare sciocchezze da soli,manca la misura di quanto e di chi. Chi va forte e con margine di sicurezza da solo va forte sempre,ha in mano la situazione,conosce il mezzo e sopratutto conosce se stesso,conosce le sue qualità. La mia per esempio,mi piace credere (e questo è bellissimo crederlo,e salva il culo non cercando l’impossibile) è quella di sfruttare ogni centimetro per metterlo in banca,ogni giro del motore,ogni metro percorso dritto (si dritto perchè si rischia meno e si guadagna di più,questo l’ho imparato in pista,inutile rischiare su un chilometro di curve su tre di rettilinei,accelerate e frenate comprese) Poi il ritmo,se ce l’hai bene,seguilo,se non ce l’hai molla li,arriverà…ecco la selezione dei tempi allora Il luogo è lo spazio,strade,traffico e ostacoli,selezionandoli già dalla partenza si evitano la maggioranza dei rischi,inutile sbucciarsi se ogni chilometro c’è un ostacolo,reale o immaginario (si anche quell’orizzonte immaginario invisibile) Troppo rischio e poco godimento Aspettare tempi e spazi è come il Sabato che è più bello della Domenica,il bello si sa che deve arrivare,se arriva, e sennò sarà per la prossima volta,ragione di più per desiderarla una prossima volta no ?
La compagnia,se stiamo bene da soli perchè non cercare di stare bene in compagnia,ragione di più per scegliersela,o per crearla Non è detto che debba essere omogenea per forza,basta intendersi al volo,basta creare quella sintonia che non necessita di misurarsi ogni volta,si va,c’è chi tira oggi chi domani,chi mai pur rimanendo veri uomini però (cit. Dalla)
Misurarsi con gli sconosciuti s’è fatto tutti,va valutato nel tempo e nello spazio,di solito a quell’esperto di cui sopra,che sa andare da solo basta poco tempo e poco spazio,all’inesperto non basta mai,ed è questo il momento più pericoloso che alcuni di noi conoscono,perchè ci dimentichiamo quell’orizzonte nascosto,perdiamo la fantasia e l’immaginazione,perdiamo il nostro ritmo e la ragione,caparbiamente e illusoriamente. La buona compagnia serve a questo,due o tre cervelli fanno squadra,e vanno più veloci di uno
E poi diciamocelo,osservare il codice della strada ed essere comunque vivaci e veloci,con quella musichetta adatta in testa,la compagnia giusta e l’orizzonte davanti fa godere davvero,anche stando in fondo alla fila
La velocità assoluta in pista. Sulle strade secondo me conta: il differenziale di velocità (Mastic disse), le condizioni del fondo, il contesto (traffico, tipo di strada, attraversamenti), il cervello del pilota (lucido, appannato, esaltato, saggio, consapevole), l’esperienza, la tecnica. Comunque a me piace un mix di 10% di velocità, 45% di accelerazione, 45% di passeggiata
Velocità, velocità, ma cosa sarà mai questa robina qua? (Motteggiando un pezzo di Mina) Per quegli inopportuni cartelli 50 che fioriscono su strade nostrane in tratti in cui pare delittuoso adeguarvisi e le solerti pattuglie veloxmunite, che vi si pasciono, la velocità è sempre “troppa” anche ben al di sotto dei miei personali (bassissimi) limiti. Roba da sentirmi finalmente un po’ considerata, se mi arriva a casa la busta verde con la dicitura “eccesso di velocità” (62 kmh).
In realtà non la ricerco più di tanto, mi capita il giorno di grazia ma preferisco la regolarità ed un maggiore rispetto dei limiti imposti (senza dogmatismo, però)
Aurea medietas, mi tiene lontana dalla gran parte dei compagni di marachelle; in compenso, mi avvicina senza troppa fatica a neofiti impacciati con cui mi relaziono volentieri, almeno finché non cominciano a scalpitare per girare il polso. Mi è capitato di correre e credermi per un po’ “più brava”; ma la percezione del correre, pagata il prezzo di farlo con paura, si comparava la gran parte delle volte con velocità ben maggiori di chi mi sorpassava come se fossi stata un ostacolo a passeggio in strada. Certe frustrazioni possono far smettere o cambiare prospettiva, ed è mio il secondo caso. Se vado da sola mi amministro, le compagnie veloci le evito se dò fastidio.
La percezione che ho della velocità, che mi dà un malessere, non riguarda solo la mia incolumità: la prova è che non riesco a guardare gente che corre. Non riesco a seguire ad esempio il moto GP o i filmati del TT, pur se a livello razionale so che son piloti coi contrococomeri e rischiano meno di quando io m’invento una corsetta sul GRA (e poi mi autoflagello).
Temo di essere una mosca bianca in questo senso; eppure quella che pare solo a me “velocità” sulla mia moto, continua a darmi gusto.
La percezione che si forma dalle esperienze,e la coscienza della paura conclamata,ammessa,riconosciuta
Quando puoi decidere di affrontarla e per quanto tempo per riceverne quelle Endorfine di cui sempre sopra ?
Io forse sono diverso dagli altri. O forse non ho capito quello che volevi dire. Però io la paura ce l’ho quando sono giù dalla moto. Ce l’ho la notte a letto, quando ci penso. La mia decisione di affrontarla è presa tutta a freddo. E’ la decisione di avere la moto e, al limite, di uscirci. Ma quando sono sopra la moto non penso. Non ho mai paura. Non credo sia un bene, e credo di avere una stella grossa grossa sulla fronte
Hai capito benissimo,e siamo diversi evidentemente Io adesso ci penso prima e “durante”,e come la Rox a volte decido di pagarne il prezzo
Sarà che quando è successo qualcosa mi sono reso conto di essere stato in parte distratto,sia a Valle che col Trattore non riesco a ricostruire dove ho sbagliato,l’attimo di sottovalutazione della velocità e del pericolo “la dietro l’angolo”
La velocità è bella non c’è niente da fare…ti affascina e ti droga, nel vero senso della parola, perchè tra adrenalina ed endorfine….ti permette di fare il pieno. Credo di far parte dei sopravvissuti citati da Mastic e oltre al discorso basato sull’esperienza e sulla cultura motociclistica di alcuni vecchi bisonti bisogna metterci anche l’evoluzione motociclistica. Oggi ci sono mezzi con potenze inusitate e coppie da far arricciare l’asfalto sotto le ruote e gomme dalle prestazioni impensabili 20 anni fa , ma i mezzi tramite l’elettronica hanno alzato di tanto l’asticella e questo ha permesso ai “vecchi motociclisti” di avere mezzi facili da gestire e che danno ancora più margine e che permettono di gestire situazioni estremamente complicate. Di contro il motociclista dell’ultima ora si ritrova una moto che permette di raggiungere facilmente velocità che poi non si sanno gestire e questo a prescindere dalla dotazione tecnica del mezzo. Vedo motociclisti andare molto forte dopo pochi mesi di esperienza, ma sono gli stessi che citava il mastic, quelli che allargano le curve o scivolano da soli perchè non hanno alcun parametro di Risk awareness per usare un termine caro al mio amico giornalista.
Mi accordo alla tua riflessione (che condivido in toto), per aggiungere che il progresso delle moto ha cambiato il nostro modo di guidare. Una volta si dava tutto il gas nei rettilinei, si tiravano tutte le marce al rosso come in pista. Sulla solita strada avevamo i riferimenti e si staccava, non si frenava. I sopravvissuti oggi scorrono. Non tirano le marce. Lo tengono su (il motore), allegro, e non staccano più. Rallentano. Il progresso dei mezzi ha alzato tanto l’asticella che oggi quelli che sopravvivono non se la sentono più di giocarsela fino in fondo come una volta. Che poi, il risultato è che spesso vanno anche più forte, perché su strada si scorre. Moto & Motards (si, citiamo la concorrenza), anni fa fece uno speciale dedicato alla guida su strada e al TT. Dalle interviste emerse che le sospensioni dovevano essere abbastanza morbide, perché per andare forte bisognava scorrere, non fare una guida spigolosa modello pista.
Anch’io se non a 16 anni con la Hrd125 da ben 180 all’ora, non ho mai amato la velocità pura. Non dico che non sono mai andato forte, anzi, ma non ne sono affascinato. Ricordo con terrore i 242km/h con il 990 superduke ma ancora peggio i 192km/h sul passo del Bracco con la Cagiva Raptor 1000 nell’unico rettilineo degno di questo nome, 192km/h cercati di battere con moto ben più prestazionali ma mai avvicinati. La staccata di questo rettilineo ha da una parte la roccia del monte e dall’altra il dirupo di almeno 150 metri.
Sono un motardista, mi piace danzare tra le curve a velocità “smodata” ma sempre dalle parti dei 100 all’ora, con l’età vado sempre meno e infatti sono passato da un monocilindrico iper reattivo a un più “pacato” due cilindri.
Mentre scrivo mi vengono in mente mille cavolate fatte e mi accodo con gratitudine divina tra i miracolati.
Solo una cosa mi viene da dire in mia difesa: un tempo c’era meno traffico ed era meno distratto da cellulare e altre mille diavolerie elettroniche presenti anche sulle più economiche utilitarie. Contro, che sono andato in Irlanda con jeans, scarpe da ginnastica, guanti senza protezioni e bomber….. almeno il casco chiuso.
Come Roxxana, non riesco a vedere il TT o Macau o qualsiasi Road races, le gare del motomondiale e sbk si perchè le piste e le protezioni, vedi gli airbag, hanno raggiunto notevoli standard di sicurezza
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