Una chiacchierata a ruota libera con Lorenzo Borselli, esperto di sicurezza stradale dell’Asaps, poliziotto e motociclista. Siamo partiti dal dato sulla distrazione dei dueruotisti alla guida, diffuso nei giorni scorsi dalla Regione Lombardia, per finire a parlare di un po’ tutto ciò che è sicurezza della strada. La prima puntata di un dialogo che intendiamo tenere aperto, coinvolgendo anche altri soggetti interessati (La foto d’apertura è relativa all’ennesima declinazione della campagna nazionale francese “Fragile!”, partita oltre 20 anni fa)
Il prologo necessario per aprire questo articolo è un dato sulla distrazione alla guida dei motociclisti. A diffonderlo ha pensato nei giorni scorsi il Centro Regionale di Governo e Monitoraggio della Sicurezza Stradale della Regione Lombardia, nel corso di una giornata di studio organizzata dalla stessa Regione. All’ordine del giorno dell’evento, la presentazione dei dati aggiornati al 2017 degli incidenti nella Regione, oltre a una tavola rotonda con esperti, per approfondire le problematiche specifiche dei motociclisti.
A informarci della cosa, a posteriori, il messaggio di un amico: “hai visto la statistica diffusa dalla Regione Lombardia? Sembra che nel 44% degli incidenti motociclistici la colpa sia nostra, perché distratti. Ma com’è possibile?”.
In effetti, in moto è difficile essere distratti. Quasi mai i mezzi a due ruote hanno sistemi di infotainment come le auto. Ed è difficile maneggiare il telefono per leggere e scrivere messaggi, mentre si guida. E poi, di suo, il motociclista tende a essere concentrato su ciò che sta facendo; anche perché la guida della moto (o dello scooter) ha una componente umana e fisica ben più attiva di quella dell’auto.
Si, questo dato sul 44% di motociclisti distratti lascia dubbiosi. Così ho chiamato il vecchio amico Lorenzo Borselli, che segue queste tematiche professionalmente. Lorenzo è responsabile nazionale della comunicazione di Asaps (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale), autore di inchieste sulla sicurezza stradale pubblicate su Il Centauro e sul sito Asaps.it, ispettore della Polizia di Stato e motociclista decisamente esperto.
Dalla telefonata è scaturita una conversazione ben più ampia, che quando si è conclusa ci siamo resi conto che era facilmente convertible in un articolo. Questo, appunto. Che è solo il primo sul tema, perché ovviamente contatteremo gli autori dello studio lombardo, per tenere aperto il dialogo su questo argomento e dare loro modo di illustrarci più in dettaglio i contenuti della ricerca.
Lorenzo Borselli, che qui parla come responsabile nazionale della comunicazione di Asaps, è un ispettore della Polizia di Stato
La prima domanda nasce dunque dall’attualità stretta: è possibile arrivare al dato sulla percentuale di guidatori distratti nei casi d’incidente? Esiste una voce relativa alla disattenzione alla guida nei moduli che gli agenti delle varie polizie utilizzano per redigere i verbali di sinistro che poi vengono girati all’Istat e all’ACI per l’analisi dell’incidentalità stradale? Sembra impossibile pensare al 44% dei motociclisti coinvolti in incidente distratti. “Da motociclista anche io rispondo che è impossibile. Riconosco che ci sono mille modi per essere distratti, ma quando guidi una moto è oggettivamente molto difficile. Analizzando la ricerca pubblicata, balza all’occhio che l’86% degli incidenti studiati ha avuto come scenario la strada urbana e che nel 65,2% dei casi gli eventi sono stati caratterizzati da scontro con altro veicolo. Ma lo studio pubblicato sembra non chiarire alcuni dati analitici importanti: intanto, di chi è la colpa di questi incidenti? Dunque, di chi è la distrazione? Se osserviamo la tipologia di eventi, scopriamo che il 57% degli incidenti motociclistici urbani avviene in incroci, intersezioni semaforiche, curve e rotatorie. Numeri sostanzialmente identici (56,4%) emergono nei teatri extraurbani. Confrontando queste percentuali viene da pensare che la distrazione sia degli altri, perché è quello che da molti anni dicono tante ricerche, secondo le quali il motociclista in due terzi dei casi d’incidente è vittima della distrazione dei guidatori degli altri veicoli. E chiunque guida una moto questo lo sa benissimo”. “Ho paura che se questa indagine si è avvalsa di dati meccanicisticamente prelevati dai sistemi di rilevazione delle polizie, questi siano sostanzialmente viziati, perdonatemi il termine, da alcune imprecisioni di partenza che riassumo. Primo, non è chiarito di chi sia la colpa negli incidenti non autonomi. Secondo, non è chiarito né come la distrazione sia stata accertata né se sia stata rilevata a carico della controparte. Terzo, molti software di rilevazione statistica sono di antica concezione e spesso la velocità non commisurata è accoppiata al cosiddetto andamento incerto, che spesso equivale a distrazione per chi questi dati poi li analizza. Non dimentichiamo che il codice della strada non prevede una sanzione per guida distratta, e quindi bisognerebbe anche sapere a quali condotte di guida accertate la distrazione sia poi conformata”.
In pratica siamo alla soggettività del pubblico ufficiale che compila il verbale, che estrapola il dato della distrazione perché lo ritiene associato ad altre definizioni tipiche dei comportamenti che hanno portato all’incidente? “Esattamente. Si potrebbe magari parlare di distrazione per l’uso sempre più diffuso degli interfoni per casco, che prevedono due auricolari, contrariamente alla legge, che prescrive l’utilizzo di un solo auricolare, lasciando l’altro orecchio libero di sentire i rumori esterni. In molti usano l’interfono per telefonare o ascoltare musica, violando la legge. Ma contestare questa infrazione è quasi impossibile, e quindi, non ci sono né dati né spunti validi per le statistiche”.
Insomma, è difficile valutare se, come e quando interviene la distrazione. “Un esempio, per capire. ACI e ISTAT, nel loro rapporto 2015, avevano sostenuto che il 75% degli incidenti stradali era dovuto alla distrazione, quindi al telefonino. Noi, che sulla strada pigliamo le misure dopo gli incidenti, un’idea ce la siamo fatta, e non siamo d’accordo. Capiamoci, sicuramente il cellulare influisce grandemente, ma se 3 incidenti su 4 fossero imputabili alla semplice distrazione e basta, ergo in larga parte al telefonino, significherebbe che tutte le altre cause, cioè velocità, ebbrezze, colpi di sonno, precedenze, rossi bruciati, contromano e via discorrendo, dovrebbero essere tutte compresse nel restante 25%. Eppure nel 2001 contavamo oltre 7.000 morti, in un’epoca nella quale gli smartphone non c’erano. E qual era allora il movente stradale dell’uccisione di quelle 7mila vittime? Possibile che quelle cause oggi siano state quasi del tutto debellate? Capite che c’è qualcosa che non funziona in questo discorso?”.
Perché tanta imprecisione? “Semplice: i modelli di rilevazione tengono conto di poche cause, e la voce ‘alcol’ o ‘droga’ è troppo in basso per essere poi annotata coi sistemi a disposizione che, evidentemente, non sono stati mai rinnovati; e per il momento non ci risulta che lo saranno. Così in Italia, dal 2009, l’ISTAT non rileva quanto alcol e droga influiscano nella sinistrosità. L’Asaps con i suoi osservatori, che riusciamo a tenere in piedi solo grazie all’impegno dei nostri associati, riscontra che siamo a un’incidenza tra il 20 e il 30%, perfettamente in linea coi dati acquisiti nel mondo occidentale. Vale la stessa cosa per la distrazione: quando le polizie inseriscono i dati, devono adattare tali inserimenti alle voci disponibili. Il risultato di tutto ciò è che la verità perde i propri contorni a favore di un’indeterminatezza”.
Borselli: “il risultato delle imprecisioni tipiche del sistema italiano nella raccolta dei dati degli incidenti è che la verità perde i propri contorni a favore di un’indeterminatezza”
“Da anni noi dell’Asaps chiediamo un catasto degli incidenti, un file informatico che si apra con l’impatto e che venga alimentato in tempo reale da tutti gli attori: polizie, soccorso sanitario, assicurazioni e giustizia. All’estero fanno così: in Francia, al massimo il 15 gennaio sono disponibili le proiezioni dell’anno precedente. Noi dobbiamo aspettare minimo novembre: e quest’anno ancora non ci sono. Il problema è che, probabilmente, nessun governo ha mai deciso di affrontare seriamente questa questione”.
Smessi i panni professionali, Borselli parte con la sua moto
La situazione probabilmente è ancora peggiore se si parla di lotta ai guidatori alterati da stupefacenti. C’è una statistica sulla percentuale di persone che guidano in stato alterato? Perché non si riesce a far partire un sistema di controlli capillari? Qual è lo stato dell’arte? Almeno in caso di sinistro, i controlli vengono fatti? “Non c’è alcuna statistica italiana, come già detto, a parte gli osservatori dell’Asaps. In Europa muoiono sulle strade circa 30mila persone all’anno, e i feriti si aggirano attorno al milione e 700mila. Secondo i dati disponibili, almeno un quarto degli incidenti è causato dall’alcol, e almeno l’8% da sostanze stupefacenti. Francia e Regno Unito stanno lavorando da tempo a modifiche legislative, mentre in Italia si è fermi al solito art. 187 del Codice della Strada, il quale prevede sanzioni penali in caso di accertata ‘influenza’ delle sostanze e non di semplice uso. Questo limita enormemente la capacità offensiva degli accertamenti, perché all’eventuale positività dei test, che vengono fatti ancora troppo raramente, deve seguire una visita medica, per valutare se il soggetto positivo sia anche sotto l’effetto al momento dell’accertamento. Questi controlli sono previsti dalla legge come obbligatori in caso di incidente stradale con lesioni o morte, ma anche qui ogni Procura della Repubblica ha diramato proprie circolari interpretative. L’Asaps propone da tempo di cambiare l’art. 187 e consentire alle polizie di ritirare la patente di guida a chiunque risulti aver fatto semplice uso di sostanze. Secondo l’ordinamento italiano, chi fa uso di droghe non commette, di per sé, alcun reato, salvo appunto il caso che ci si trovi alla guida di un veicolo. Spesso nei confronti degli assuntori si applicano però sanzioni amministrative, come la sospensione o la revoca della patente o del porto d’arma. E altrettanto spesso il percorso della revisione dei requisiti conduce a tali provvedimenti, cui seguono continue rivalutazioni annuali e percorsi presso i sert. Il problema è sulla strada. All’estero questo problema non c’è: sei positivo? Vai a casa in taxi, la patente resta alla polizia. L’Asaps lo ha sempre detto: meglio che un figlio torni a casa senza patente, che la patente torni a casa senza il figlio, in un sacchetto insieme agli effetti personali dopo un evento mortale”.
Ogni volta che vediamo delle statistiche internazionali sull’incidentalità stradale, il nostro Paese si caratterizza per la presenza di un asterisco, perché i dati sono risalenti all’anno precedente. Quali sono i risvolti di questo ritardo cronico? “Se non conosci il nemico non lo puoi combattere, perché non puoi approntare le giuste difese. In Francia e Spagna sono attive agenzie interministeriali, che rilevano i dati in tempo reale e forniscono al governo gli strumenti conoscitivi e le bozze delle modifiche legislative proposte. Queste vengono immediatamente recepite, qualunque sia il colore del governo in carica. Si registrano troppi incidenti per velocità? Come prima cosa si cerca di capire su quali tipologie di strada essi avvengano e poi, una volta che questi elementi di conoscenza sono chiari, si passa alla campagna di sensibilizzazione, al law-enforcement e, se necessario, all’intervento legislativo. Proprio in Francia e Spagna, recentemente, sono stati ridotti i limiti massimi di velocità su alcune strade extraurbane e i morti infatti sono in continuo calo”.
Almeno c’è coordinamento fra le differenti polizie? Sappiamo che questo spesso è stato un problema “Le polizie devono seguire, nelle politiche di sicurezza, le indicazioni delle autorità da cui dipendono (il famoso “ciuccio legato dove vuole il padrone”): dunque, il coordinamento dovrebbero farlo intanto loro, queste autorità, e imprimere alle forze in campo indicazioni e tematiche di controllo precise, come correttamente fa la Polizia Stradale da molto tempo. Il problema è che le politiche della sicurezza stradale in Italia non vengono coordinate: una Polizia Locale fa una cosa, quella Provinciale ne fa un’altra, la Stradale segue altri obiettivi, i Carabinieri idem, la ex Forestale altri ancora. Raramente, a parte le note campagne Tispol – Tispol è un organismo di confronto e coordinamento delle polizie stradali europee, ndr -, ci sono giornate nelle quali le forze di polizia lavorano insieme con obiettivi comuni. All’estero è diverso: quasi ogni giorno ci sono controlli mirati, con agenti di polizie diverse che utilizzano canali radio comuni, che si dividono il territorio e che, alla fine, rendono conto a un’unica entità”.
A che punto siamo con lo scambio di dati transfrontalieri relativamente ai conducenti? E relativamente ai veicoli rubati? Esistono ancora paesi con i quali non ci sono accordi e con i quali non si riesce a dialogare? “Attualmente ci sono accordi di reciprocità di vari tipi. Quello più completo è il Sistema SIS, che permette ai paesi sottoscrittori dell’accordo di Schengen uno scambio telematico in tempo reale su persone, documenti e veicoli. Se in Italia troviamo un veicolo che è stato rubato in Germania, questo viene normalmente sequestrato – sebbene le autorità giudiziarie trattino ancora in maniera diversa i casi -, e al termine delle istruttorie rogatoriali spesso viene anche restituito. Anche tra alcune motorizzazioni di vari Stati ci sono scambi di dati ai quali le polizie hanno accesso. Quando questi canali non funzionano, ci sono i centri di Cooperazione e la ‘vecchia’ Interpol, ma purtroppo i tempi di reazione sui veicoli sono molto lenti e spesso gli investigatori ci mettono una pezza contattando direttamente le autorità di polizia estere in attesa degli scambi formali. I problemi restano e diventano insuperabili quando si parla di Stati Extra-UE e lì anche le rogatorie difficilmente sortiscono effetti positivi. La vera forza resta l’intelligence: la Polizia Stradale è il riferimento italiano per i reati veicolari, ma i tagli degli ultimi anni hanno ridotto le squadre di polizia giudiziaria regionali e provinciali ai minimi termini”.
L’ultima domanda è sul tema dell’inciviltà stradale. La sensazione è che stia aumentando. Così come aumenta la rabbia stradale. Che riscontri avete voi? “In un Paese che ha praticamente abolito l’educazione civica nelle scuole, non ci si può aspettare che i conducenti di domani crescano con propositi di ‘civiltà stradale’. Prendiamo il caso del semaforo: col giallo ci si deve fermare, salvo che non ci si trovi nelle immediate vicinanze dell’incrocio e fermarsi sia impossibile. Ebbene, in Italia acceleriamo anche se siamo lontanissimi. Il giallo è un incitamento a dare gas e alla fine si passa col rosso già acceso, a velocità folli. Non parliamo poi delle strisce pedonali o delle rotonde: vince chi passa prima ‘ecchissenefrega’ se il pedone ha la precedenza. Eppure basterebbe poco: gli adolescenti mettono tutti la cintura, usano tutti il casco, salvo particolari eccezioni nel Paese, e vanno normalmente più piano. Il problema sono i 30/50enni”.
Qualcosa di positivo? “Di positivo c’è davvero poco: i morti sulla strada sono tornati a crescere, i ponti crollano, i pirati imperversano, i conducenti professionali sono costretti a turni massacranti e, se fosse passato inosservato, mentre all’estero i limiti diminuiscono nei punti dove la mortalità è più alta, in Italia c’è qualcuno che vuole alzare il limite di velocità a 150 orari in autostrada. Poi ci sono quei giudici che demoliscono con sentenze originali, ‘alla De André’, le contestazioni relative alla violazione di norme semplici come il rosso, il telefono o la velocità. Te lo dico da studioso della sicurezza? Di positivo non c’è praticamente nulla. Io credo che la distrazione non sia il problema dei motociclisti. La distrazione è il problema della politica, e della mentalità che essa, del Paese, rappresenta”.
Home›Forum›Ma quali smanettoni! Il pericolo è il traffico!
Questo topic ha 17 risposte, 7 partecipanti ed è stato aggiornato l'ultima volta 4 anni, 5 mesi fa da Netbikers.
I dati ACI raccontano quello che noi motociclisti già sapevamo. Il pericolo su strada è nel traffico. Tutte le strade citate come maggiormente pericolose per i motociclisti sono statali urbanizzate. Bisogna ragionare su un nuovo e differente progetto di sicurezza stradale. QUI il mio articolo
Premio GAC del secolo direi,vista anche la densità di chi si sposta per superficie
Ma facciamo finta di stupirsi per esprimere delle idee
Bisogna ragionare su un nuovo e differente progetto di sicurezza stradale
Che così di pancia potrebbe assomigliare a quanto si fa oltralpe : Visibilità ed Educazione,interattive,perchè per vedere bisogna volerlo,saperlo fare,educarsi a cercare
Tutto questo passa si per colori e rumori,ma l’aumento degli incidenti comunque rivela la distrazione continua ed in aumento,con la distrazione l’educazione e la visibilità non servono ad una beata fava
Si dovrà passare per forza all’inibizione,non del passeggero ! ma della guida sotto effetto dell’alcool ed in concomitanza dell’utilizzo di strumenti multimediali
Non se ne esce nemmeno con le campagne del terrore
Non è che io mi sia stupito e la cosa mi sia risultata nuova. Piuttosto mi sono rotto di sentir parlare dei motociclisti solo come smanettoni, con moto superpotenti, che vanno a 200 e anche 300, e ci lasciano le penne. Mi sono stufato anche perché, parallelamente, non vedo fare nulla per la vera utenza a rischio: quelli che non sanno di rischiare e si fanno male andando a 45 al lavoro.
Queste statistiche mi hanno offerto lo spunto per far notare che le cose non stanno come in molti credono. Ecco il perché del mio tono. E mi rivenderò questo articolo nelle sedi opportune. Forse questo dovevo spiegarlo prima che Franco si chiedesse se sono veramente un babbeo che non si era accorto di come stanno le cose. :-*
A me no,avevo capito benissimo,ho fatto finta di cascare dal pero per poi fare il saputello per evidenziarlo maggiormente,questa è la logica corrente in fondo
E forse fa comodo così al pensiero comune,eliminare gli smanettoni risolverebbe il problema,almeno con la propria coscienza Invece bisogna lavorarci su,tutti i giorni,in tutti i luoghi,a tutti i livelli,sopratutto al livello di coscienza del pericolo per il prossimo,quello più debole
Bisognerebbe fare una distinzione tra motociclisti e scooteristi, perchè essendo di entrambe le categorie e avendo un occhio molto attento in città, noto inequivocabilmente che la guida facilitata dalla trasmissione automatica è più veloce nel traffico che con la moto. E io sono di quelli che sta molto attento, vedo spessissimo scooteristi che guidano a vita persa tra le auto, superano incroci con precedenza con un ottimismo ineguagliabile.
Tempo fa, in città sui 70 all’ora mi sorpassa e mi taglia la strada una ragazza su un sh 150, forte del mio all’epoca beverly 500, le sono andato dietro per dirle che cosa avevamo rischiato. In tutta Viale Italia che è una delle poche a doppia corsia, con molto traffico, non me la sono sentita di guidare come stava facendo lei. Dopo circa un km l’ho ripresa al semaforo, mi affianco e vedo che tra le sue braccia in piedi sulle pedane aveva un bambino si e no di 6 anni. Mi è venuto dal cuore dirle che cazzo stava facendo e lei tranquillamente mi ha fatto il dito, verde e ripartita a mille. Questa è una smanettona, una pazza senza senso del pericolo, lei fa parte di questa statistica ma non è una motociclista, ha rischiato più lei in viale Italia che io negli ultimi 5 anni di passi con la moto.
E per quanto riguarda i motociclisti, tre anni fa alle prime armi con la moto da trial ho partecipato ad un memorial per un amico, completamente fuori tipologia di moto fina a quel momento usata ero convinto che non avrei conosciuto nessuno. Una volta arrivati ad un punto di raduno in cima ad un monte mi sono trovato tra gli amici di sempre, gente che non vedevo da parecchio sul Passo del Bracco, e tutti dicevano la stessa cosa: ho paura della gente che gira per strada, da noi tra l’altro c’è il boom di turismo e siamo invasi da marzo ad aprile di cinesi che non capiscono una mazza.
Giusto Bob, ma per la politica, per chi è fuori dal nostro mondo, sempre di mezzi a due ruote si tratta. Che poi, io non sono convinto che si debba parlare di distinzione fra scooteristi e motociclisti. Molti sono passati alla moto e ormai sono ex-scooteristi su moto. Di solito naked di media cilindrata. Che facciamo, creiamo una nuova sottocategoria? No, il problema è che in questo paese dove non si fa niente (non si fa niente) bisognerebbe porsi il problema di capire cosa sta succedendo, magari anche ascoltando persone esperte, e valutare come intervenire. Invece non si fa niente. Tranne chiedere alle polizie di controllare la velocità. E per fortuna molte persone non sanno che la metà degli etilometri sono fermi nei laboratori del ministero perché ne è scaduta la taratura periodica, e i laboratori non erano in grado di rinnovare rapidamente a tutti.
P.S. a volte ci sono anche dei motociclisti veri che rischiano stupidamente. 2gg va mi ha passato un tizio con GS1200. Per chi la conosce, Appia, a scendere da Albano verso Roma. Un rettilineo di km e km, con i cancelli delle ville che si affacciano sulla strada. Una strada a 2 corsie molto larghe. Il tachimetro sale, fino ai 140 abbondanti. A un certo punto, lontano, noto una macchina ferma sulla destra. Ha le ruote girate verso sinistra. Una situazione che mi fa scattare tutti gli allarmi e la chiusura del gas. Il tizio non si è posto minimamente il problema. Ha tenuto il gas aperto e ci è passato in pieno. Nei miei corsi teorici ho un caso di studio di un motociclista morto, con il video dell’incidente, e spiego che a quelle velocità, calcolando la profondità di campo della visualizzazione media di un automobilista, i tempi di reazione e i metri al secondo che percorre il motociclista, si è fuori dalla possibilità che l’automobilista ti veda per tempo. Ecco, un po’ di fisica elementare per capire che è una roulette russa. L’ho lasciato andare via quel tizio con il GS.
Si, il “mezzo gareggio” fa parte di tutti noi, il mezzo gareggio è quella situazione di sfida non alle brutte dove cerchi di far capire all’altro e viceversa che ci sai fare e che lasciar perdere sarebbe più intelligente…. i Gsisti, non tutti, ma dalle mie parti spesso sono ex Tmaxisti e non me ne vogliano anche loro, anche perchè ne ho avuto uno per 16 mesi e 22000km, ma quest’ultimi hanno spesso una sensazione di onnipotenza dovuto alla semplicità di guida dell’accelera frena e dalle dimensioni minori di un’auto. Una volta su una moto con il telaio da moto, con il baricentro basso come un ruote basse dovuto al boxer e con freni che fanno il loro lavoro, queste persone spesso le trovi ad andare veramente stupidamente troppo veloci.
Che lo stato sia totalmente ignorante sul mondo delle due ruote lo si capisce anche dai nuovi divieti per i fuoristradisti.
Ci vorrebbe una federazione svincolata dallo stato che puntasse ai solo i interessi dei suoi iscritti, invece sembra PIU’ UN CANE DA GUARDIA CHE TIENE BUONI NOI per non farci fare “casini”. Dai motard francesi abbiamo moltissimo da imparare, ricordo quasi 35 anni fa una protesta a due ruote che consisteva nel semplice girare intorno alla rotonda dell’ Arco di trionfo con la creazione di un ingorgo epico durato anche molte ore dopo la ritirata delle moto. Ne ricordo un altro dove bloccavano un casello facendo passare tutti gratis. Più di una volta lo stato francese ha accettato le condizioni dei cugini motociclisti francesi, cedendo a proteste prolungate nel tempo. Impariamo da loro.
Comunque i divieti per i fuoristradisti non sono passati. Non se n’è fatto nulla, come al solito.
Invece non ho un giudizio così negativo nei confronti della FMI. A parte la vicenda dei Forestali, sulla quale la Federmoto non ha preso posizione. Per il resto, siamo sulla stessa linea d’onda
noi siamo in piena lotta, chi va a piedi vuole comandare a tutti i costi, chiudono una strada che per tutti noi è una che facevamo anche con le auto a 18 anni, larga anche 5 metri con fondo roccioso…. Una prepotenza fatta da persone che non sanno neanche tenere un falcino in mano, io, nel mio piccolo, dopo la pausa estiva, ho ricominciato aprendo spessissimo con tanto di sega strade chiuse dai molti alberi caduti alle prime tempeste.
Il tempo passa e nulla cambia. Il tempo passa inutilmente. Confesso che stento a capirne il motivo. L’articolo di quest’anno sui dati relativi agli incidenti è praticamente uguale a quello dello scorso anno. In questi 365 giorni ho letto e sentito le solite stronzate di gente che parla senza prendersi manco la briga di studiare un po’ prima. Ho visto le solite iniziative sterili sul tenere la testa sulle spalle quando si guida, che mi ricordano le due foto della moglie e dei figli attaccate con la calamita sul cruscotto della macchina, insieme alla scritta “non correre papà”. Poi papà faceva come gli pareva con l’acceleratore, ovviamente.
Quello che sfugge è che la maggior parte dei “motociclisti” rischiano senza sapere di rischiare. Il nodo è quello. E se non ce ne rendiamo conto e non interveniamo su questo, non otterremo nulla. Dobbiamo insegnare ai neomotociclisti a guidare, a fare le curve e le frenate, certo. Ma anche a riconoscere le situazioni di pericolo. Lo scriveva @schwarz sul mio profilo LinkedIn, oggi. E ha pienamente ragione.
Qualcun altro ha scritto che è la scoperta dell’acqua calda. Giusto. Il problema è che quell’acqua calda sembra che la conosciamo solo noi che in moto ci andiamo da sempre.
L’esperienza è quella cosa che ottieni dopo che ne avresti avuto bisogno. Ma… c’è anche quella degli altri. Indosso da sempre il paraschiena, ma non sono mai caduto sulla schiena. Un amico che invece lo ha messo ed è caduto non è su una sedia a rotelle, e io da allora mi sento nudo senza. Questo si può spiegare, si può tentare di convincere. Ma a volte la testa è dura e ad esempio un mio collega viene tutti i giorni in ufficio con un jet che avrà dieci anni (ormai il guscio sarà diventato fragile) senza paraschiena, d’estate senza guanti. Gli spieghi, gli dici, ma niente. Se su questo non ce la si fa, figurarsi sul dire ad altri che quando passi in mezzo alle macchine devi stare attento alle ruote, a guardare negli specchietti per vedere se ti stanno guardando, a guardare se stanno telefonando, a stare attento se passi a dx che non ci sia un uscita dello svincolo. A capire da come uno sbanda se è attento. Se c’è il nonnetto che va a 80 in corsia di sorpasso probabilmente qualcun altro vorrà passarlo a destra e non ti guarderà. Potrei andare avanti per ore… ma in sostanza se uno non percepisce un pericolo (attitudine di un oggetto o di un comportamento di causare un danno) uno non lo eviterà. Se non stima correttamente il rischio (possibilità di un accadimento) allora uno non gli darà il giusto peso. Rischio e pericolo insieme = morti sulle strade. Se uno non vuole capire non glielo puoi imporre. Ma sarebbe bello che i “veterani” del commuting potessero spiegare a chi vuole fare il commuter a cosa stare attento. Magari pagato da un ente pubblico, che risparmierebbe denaro a palate da questo. Ah già, scusate.. siamo in Italia…
Leggo l’intervento di @Schwarz e sono totalmente d’accordo con ciò che scrive. Bene l’uso dei sistemi di protezione (casco, paraschiena ecc.) ma ancor più importante è il riuscire a prevenire le situazioni di potenziale pericolo per l’incolumità di chi viaggia su due ruote. Capire da piccoli particolari e atteggiamenti degli altri quello che pottrebbe accadere un minuto dopo. Spesso è ciò che fa la differenza tra il tornare a casa e finire in ospedale o peggio. Dobbiamo essere noi motociclisti ad adattarci agli altri e non pensare o credere che siano gli automobilisti ad adattarsi a noi. Al di là di comportamenti pericolosi come telefonare alla guida o peggio ancora leggere messaggi sullo smartphone, loro non sono abituati a “cercare” le due ruote ma sono più attenti alle altre auto, furgoni ecc. Non tutti sono così, ci mancherebbe ma per provocare un incidente ne basta uno. Questo non vuol dire che io mi ritenga migliore. Ho sbagliato anch’io come altri, soprattutto da giovane, nel non sapere valutare il pericolo in tempo. Mi è sempre andata bene per fortuna, ma soprattuto mi è servito da lezione. Ad accrescere il mio bagaglio di esperienza. Ciao a tutti Luka
Tutto è partito dai numeri annunciati dal Centro di Monitoraggio della Sicurezza Stradale della Regione Lombardia, la scorsa settimana: il 44% di motociclisti che hanno incidenti guidano distratti. Possibile???
Ho chiamato l’amico Lorenzo Borselli, che si occupa professionalmente di sicurezza stradale e… è finita che siamo stati un’ora al telefono, abbracciando vari temi. A quel punto trascrivere la telefonata era sin troppo facile. Prendiamolo come un punto di partenza per sviluppare ulteriormente l’argomento e tenerlo caldo.
Intanto QUI trovate l’articolo con l’intervista di Borselli
Torniamo alla distrazione che è una causa davvero inaspettata Vero è che si fa presto ad indicare questa causa come origine di tutti i mali,ce lo dicono fin dai tempi della scuola ! “il ragazzo potrebbe ma è distratto”. Facile così senza andare a fondo Può essere anche che come tante volte abbiamo scritto,non ci sia stata quella prevenzione che tutti noi conosciamo bene per averci salvato il culo dalla distrazione,stavolta si,degli altri,assicurandoci di essere visti,prevenendo la mancanza di visibilità certa da parte altrui. Quindi magari distrazione si può tradurre mancanza di attenzione nel prevenire la distrazione altrui Chi redige i verbali non è tenuto a conoscere l’atteggiamento di un motociclista esperto,e gli viene servita su un piatto d’argento la giustificazione meno impegnativa : non ha evitato sufficientemente il pericolo,perchè era concentrato solo sulla propria guida (e magari guardava il contakm per non farsi impalare dall’autovelox (a me è successo) Anche gli animali ad esempio,cinghiali e caprioli ormai sono come i piccioni,li trovi e se non stai attento ti fanno male. Le amministrazioni si levano le castagne dal fuoco con i cartelli di pericolo “animali vaganti”,e quindi è certo che non sei stato attento al cinghiale che sbuca dalla recinzione,non sei stato pronto ad evitare il capriolo che ti salta sul serbatoio….e certo,è distrazione….’tacci tua
Ma facciamo anche autocritica anzichè vittimismo La distrazione è anche stato d’animo,e siccome i problemi sono tanti e girano i coglioni spesso,non sempre va come scrive il Dolfy che con una gita sul lago per andare al lavoro si fa pace col cervello,anzi proprio per lo stato di grazia ci si ritrova ad andare “in automatico” Questo c’insegna che non è concesso nemmeno quel salvavita di cui il cervello ha tanto bisogno,e questo a maggior ragione nell’urbanità giornaliera L’aumentata velocità media di tutti i mezzi impone attenzione commisurata appunto,e non è immediato il parametro di correzione. Con i mezzi moderni il differenziale istantaneo di velocità raddoppia in pochi istanti,ma non sempre altrettanto raddoppia l’attenzione,anzi i pensieri oltre al panorama circostante che distrae con messaggi studiati per attirare l’attenzione sono in continuo conflitto con il timore,anche quello di perdere punti,soldi,tempo e tutto quello che ci passa per la mente volenti o nolenti.
Perchè non prendere spunto dai nostri cugini francesi e montare una protesta di sensibilizzazione? Loro, lo hanno fatto per l’inasprimento dei limiti di velocità su strade extraurbane (considerato ingiusto), e recentemente, per l’aumento delle tasse sui carburanti, raggiungendo un livello di mobilitazione impensabile in un paese come il nostro, nel quale il pensiero Nazionale è : “quello che non mi tocca direttamente è affare d’altri…”!! La sensazione generale che mi pervade in questi ultimi anni (saranno gli anni che avanzano o effettivamente i tempi che cambiano?) è che tutto quello che ci accade, venga affrontato con leggerezza: “Panta Rei” dicevano gli antichi…per vivere tranquilli, lasciamo che tutto scivoli via; anche questo è un modo di affrontare la vita…però l’Educazione, sia civica che stradale, sono ormai lontani ricordi (come faceva notare Lorenzo Borselli) e più ci si addentra nella anarchia comportamentale alla guida di veicoli, sempre più potenti e apparentemente sicuri (vedi le varie dotazioni elettroniche che facilitano sempre più il compito dei guidatori), più le possibilità di provocare incidenti crescono, questo perchè ormai la “paura” non è più la nostra alleata, a suggerirci di rallentare in prossimità di un incrocio, o di prestare attenzione alle strisce pedonali quando superiamo le auto ferme in coda…E ci sentiamo quindi onnipotenti, sia in auto che sulle due ruote, dimenticando che, quando la realtà si riaffaccia a presentare il conto, è ormai troppo tardi. Riccardo, che facciamo? Vogliamo indossare il nostro gilet giallo anche noi? 😉
Comprendo e apprezzo l’autocritica di Franco, ma questa volta voglio essere un po’ più convinto che le colpe non siano nella nostra distrazione. Al limite nella nostra leggerezza, nell’impreparazione di alcuni (quelli dell’ultima ora).
Quanto al movimentismo cui fa riferimento Lollo, l’Italia non è la Francia. Qui ho visto manifestazioni annunciate come oceaniche finire miseramente in un’uscita fra amici. Campagne con raccole di firme risolversi nel nulla. Funzionano solo le campagne di comunicaziobe. Se fatte sui social
Per tornare a uno dei problemi citati da Lorenzo Borselli nell’intervista di pochi giorni fa: il ritardo cronico dell’Italia nella compilazione delle statistiche degli incidenti stradali (Le palle al piede della sicurezza stradale)
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