Corsi guida: perché si induce l’allievo a sbagliare
Viviamo in una cultura che condanna l’errore e che ci spinge a nasconderlo come una vergogna. Invece sbagliare è sempre il punto di partenza sul quale si innesta la nostra crescita. Lo sa bene chi si occupa di didattica
Metti un corso di guida moto. L’allievo sul piazzale inizia a eseguire gli esercizi di guida fra i birilli. Roba da fare a velocità bassissima, in tutto relax. Invece dopo poco fallisce il passaggio in una porta creata dall’istruttore. Ancora qualche passaggio e manca di nuovo un birillo. Scuote la testa e sta per scoraggiarsi. Invece l’istruttore è soddisfatto, perché è riuscito a creare la situazione necessaria per entrare nel vivo del suo lavoro. Per questo tranquillizza l’allievo, chiarendogli quali sono gli errori che lo hanno messo in difficoltà. Per capire meglio però riavvolgiamo il nastro.
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L’errore come parte fondamentale della didattica
L’errore è quel qualcosa nel quale ogni tanto inciampiamo. Quando succede, di solito malediciamo il nostro sbaglio, perché la cultura dominante premia sempre chi l’azzecca, piuttosto che chi sbaglia.
Eppure di errori ne facciamo tanti, e anche spesso. Più o meno coscientemente. Solo che li nascondiamo. Facciamo finta di niente, sorvoliamo elegantemente. Al limite prendiamo in considerazione solo quelli più grossolani, quelli che ci hanno fatto rischiare. Perché quelli sono innegabili, non passano inosservati. E il rischio corso ci spinge a ripensarci, per “farne tesoro”.
Invece dovremmo imparare ad avere un altro rapporto con i nostri errori, perché quanto appena descritto è a sua volta… un errore!
Tutto nasce da uno dei frequenti corsi di aggiornamento che faccio obbligatoriamente come tecnico di una federazione sportiva (no, non si parla di motociclismo). A un tratto il docente ha espresso una sintesi che ancora cercavo: “l’allievo impara dall’errore, quindi il bravo maestro induce all’errore. Diversamente l’istinto di tutti noi sarebbe quello di rimanere nella comfort zone, dove si sa già fare tutto, ci si muove con minore pressione addosso e… non si impara nulla”.
Messa così l’errore è un qualcosa d’importante da accogliere positivamente, a patto di lavorare successivamente per analizzarlo.
Ora, se qualcuno dei miei allievi dovesse leggere questo articolo, capirà perché quando non ha saputo fare un esercizio che gli avevo assegnato, mentre lui scuoteva la testa sconsolato io apparivo allegro e tranquillo.
L’errore è una risorsa! A patto di non lasciarlo cadere, di non trascurarlo. L’errore è quella cosa che ti permette di capire cos’è che non sai fare, dove sei carente. E in questo modo ti aiuta a crescere, a migliorare. A patto di analizzare a fondo tutte le circostanze che hanno portato a sbagliare.
Lo avevano capito i vecchi, coniando il detto: “sbagliando s’impara”. E siamo stati stupidi noi a dare una valenza negativa allo sbaglio.
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Come innescare la spirale di crescita
Ora questa consapevolezza ci apre una sterminata prateria di possibili miglioramenti di noi stessi.
Vogliamo pensare solo al nostro modo di guidare? Allora torna utile la metafora con la quale spiego sempre come si riconosce un motociclista che sa guidare da uno meno bravo. Se fate correre una biglia fra due sponde lungo un percorso tortuoso, questa potrà effettuare l’intero percorso colpendo la sponda ogniqualvolta si troverà ad avere una traiettoria errata. Esattamente quello che fanno molti motociclisti: guidano facendo continue correzioni. Così, un colpo qui e un colpo lì, alla fine il percorso lo fanno, esattamente come la pallina. Ma direste che un guidatore di questo tipo è padrone della sua moto? O piuttosto è la moto a portare lui?
Il motociclista bravo direziona sempre in maniera sicura la sua moto, senza bisogno di continui cambiamenti e correzioni. La fa andare esattamente dove dice lui.
Alla luce di questo capiamo l’importanza d’imparare a non sottovalutare mai i nostri errori. Di evitare assolutamente di passarci sopra. Per crescere, per migliorarci, abbiamo bisogno di analizzarli sempre. Di confrontarci con gli sbagli. Esattamente l’opposto dell’abitudine di molti di noi, che si perdonano gli errori con un’indulgenza controproducente. Un esercizio che diviene consuetudine, e che piano piano ci spinge a prevedere i possibili errori, riconoscendo le situazioni che ci inducono più spesso a sbagliare.
Riuscendo a fare questo si assume un ruolo attivo, ed è una delle chiavi che mi sono servite di più per crescere. Anche come istruttore. Perché pure gli istruttori sbagliano. A volte anche tanto. E se ne accorgono. Perché l’allievo non riesce a superare le difficoltà che gli si impongono.
Dunque tutti noi possiamo utilizzare questo approccio. In qualunque campo. Possiamo farlo diventare un vero e proprio stile di vita, innescando una spirale di crescita personale.
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Con la moto meglio un ambiente protetto
Tornando alle moto c’è però un ma. Il punto di partenza possono ovviamente essere i piccoli errori che compiamo abitualmente. Quelli che facciamo nelle pratiche abituali. Anche guidando lo scooter da casa al lavoro. Però poi dobbiamo andare oltre. E per farlo dobbiamo uscire dalla cosiddetta comfort zone. Dobbiamo confrontarci con compiti più difficili. E se parliamo di guida, questo conviene farlo in un ambiente chiuso e protetto. Non certo nel traffico. Nel traffico non si fa sperimentazione. Lì i rischi sono seri, e si possono coinvolgere altre persone. Meglio un piazzale ben asfaltato e pulito, non frequentato. Meglio ancora un corso di guida vero e proprio, con un istruttore che abbia sviluppato una didattica specifica per mettervi di fronte a difficoltà crescenti e di natura diversa.
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P.S. Ho riletto questo articolo più volte e l’ho trovato pieno di errori
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