Insegnare ad andare in moto
Il racconto di un particolare corso di guida aziendale, per far capire le basi del nostro insegnamento. 5 allievi, 6 moto, e 3 giorni di tempo per metterli in grado di svolgere in sicurezza il loro (particolarissimo) lavoro in moto
Uno dei corsi più belli che ho la fortuna di fare, è quello di formazione e certificazione dei piloti moto che portano gli operatori TV nelle gare ciclistiche. Si tratta di un corso particolare, che richiede una didattica pensata appositamente. Il compito di questi motociclisti è infatti di estrema difficoltà, e richiede una capacità di controllo e uso del veicolo a 360 gradi.
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Gli obiettivi del corso

Portare un operatore significa avere l’abilità di mantenere sempre la stessa distanza dal soggetto inquadrato, anche se questo scatta o cambia traiettoria repentinamente. E poi il gruppo, e qualunque ciclista, debbono avere sempre strada libera. Pensate sia facile con una moto che sfiora la mezza tonnellata di peso? Già, le batterie e le attrezzature per l’invio del segnale TV ai mezzi aerei d’appoggio pesano molto. E a complicare le cose ci si mettono salite ripide da fare a 5 km/h e discese nelle quali le bici vanno facilmente più forte delle moto, con punte che superano i 100 km/h. Senza contare i casi nei quali il pilota deve saper viaggiare forte, perché la regia segnala l’esigenza di coprire delle immagini di un gruppo che magari sta avanti. Tutto questo ovviamente con qualunque meteo. Ecco, il mio compito per questa particolare formazione, che gestisco ormai da qualche anno.
La sede del corso è l’Isam (Istituto Sperimentale Auto e Motori), per conto del quale gestisco il corso che si svolge presso il bellissimo impianto di Anagni, in provincia di Frosinone. Per le moto dobbiamo ringraziare BMW Motorrad, che in questa occasione ci ha fornito ben 6 moto (5 per gli allievi e 1 per l’istruttore). E gratitudine la dobbiamo anche ad Alpinestars, che ogni volta ci fa avere in uso l’abbigliamento tecnico necessario ai nostri allievi.
Il mio corso inizia al venerdì, quando ritiro con il furgone le prime due BMW RT1250. Il lunedì successivo ritiro e porto all’Isam anche le altre 4 moto, gentilmente messe a disposizione dalla filiale di BMW Motorrad Roma: una (bellissima!) GS1250 40th Anniversary, una R1250R, Una F900R e una XR900.
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All’inizio gli allievi sono diffidenti
Il corso vero e proprio inizia il martedì mattina poco prima delle 9, quando incontro gli allievi nell’atrio dell’Isam. Un caffè, poi subito in aula per conoscerci e iniziare la parte teorica. Mi presento, racconto loro chi sono e perché faccio questo lavoro. Loro fanno altrettanto. Mi parlano delle loro moto, di come le usano e delle eventuali incertezze che incontrano alla guida. Hanno tutti sui 30 anni, ce n’è uno che ha più moto e gira in pista, un altro è motocrossista; i restanti tre potremmo definirli utilizzatori curiosi del mezzo a due ruote.
Subito iniziano a fare domande, quella situazione nella quale l’istruttore deve dimostrare di essere preparato e di avere la risposta pronta, altrimenti perde autorevolezza. Bene, allievi attenti e impegnativi: ci sarà da divertirsi! Anche se per ora leggo un po’ di diffidenza nei miei confronti. Normale sia così: dovranno passare qualche giorno con me a fare i miei esercizi in moto, e fino a un’ora fa non mi conoscevano per nulla. Anche se mi dicono che i loro colleghi passati per i miei precedenti corsi hanno parlato di me.
Ci si sposta nel piazzale del centro (50mila mq senza ostacoli!) per i primi esercizi. Come sempre chiedo cose molto semplici. “Andatevene a spasso nel piazzale come vi pare, voglio solo vedere come state in moto”. Voglio vederli guidare rilassati, senza alcuna pressione. Cosa che in realtà è una prima fase importantissima per me. Perché vedere come una persona sale in moto, come ci sta seduto e con quale decisione affronta anche le manovre più semplici, è un primo colpo d’occhio che regala moltissime informazioni.
Sistemati i birilli, iniziamo con l’esercizio più semplice e scontato: lo slalom. E subito ci sono da fare le prime correzioni. Molti fermano lo sguardo al birillo che stanno impegnando, senza guardare il successivo, come si dovrebbe fare. Finché il percorso è fisso va tutto bene. Ma io uso spostare i birilli a tradimento, quando gli allievi sono di spalle: in questo modo se non guardano lontano non riescono a prevedere il cambio di percorso, e quindi traiettoria e velocità conseguenti. Qualcuno va in crisi, e manca qualche porta. Ora abbiamo veramente iniziato la parte didattica. Perché insegnare significa mettere in difficoltà l’allievo: solo sforzandosi di affrontare le difficoltà si migliora.
In pausa pranzo mi accorgo che ho già guadagnato la loro stima: mi guardano in altro modo e iniziano a fidarsi di me.
Inizio ad avere un quadro delle persone che ho davanti. Qualcuno è molto bravo, ma anche molto aggressivo nella guida, dovrò un po’ frenarlo. Qualcun altro ha poca dimestichezza con la moto e fatica a gestire tutti i comandi nelle situazioni che mano a mano vengono create sul piazzale con l’aiuto dei birilli.
Lascio spazio ancora a esercizi di base, quelli che ti danno manualità e controllo del mezzo. Le fondamenta della guida. Ecco allora l’8, fatto magari in differenti dimensioni e con elementi di disturbo inseriti appositamente. Il girotondo con manubrio a battuta, o il passaggio stretto in rettilineo e in curva.

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Il 2° giorno arrivano i tornanti stretti
Il secondo giorno si apre con una lezione teorica dedicata a fisica e dinamica della motocicletta, con qualche divagazione su mente umana e schemi motori. Sul piazzale si passa a esercizi più complessi, con cambi di ritmo e traiettorie da interpretare. Il tutto alternato a giri di pista; perché l’Isam è anche una pista prova, con tante curve in successione, ognuna con un raggio diverso dalle altre, ognuna da interpretare.
Al pomeriggio è la volta di un’uscita in strada. Li porto su un percorso ripido con tornanti strettissimi, dove faremo un test di salita a bassissima velocità e di discesa rapida. Non li ho avvisati del lavoro che intendo fare: voglio valutare la loro capacità di improvvisare. Già nel trasferimento c’è però occasione per vedere chi sa marciare in gruppo e chi no, chi si fa attendere e chi è sempre negli specchietti alla giusta distanza. Chi si tiene lontano dai pericoli.
Il terzo giorno si apre con una lezione teorica sulla sicurezza stradale, con l’obiettivo di dare elementi per imparare a riconoscere le potenziali situazioni di rischio prima che si verifichino. Su piazzale è la volta degli esercizi più difficili. Curve a raggio crescente e decrescente, più l’esercizio dei due birilli, utile per imparare a guidare in piega utilizzando simultaneamente tutti i comandi della moto e impostando traiettorie senza riferimenti visivi. Facciamo anche un lavoro specifico con un manichino da 120 kg dotato di una zavorra mobile sulla sommità, pensata appositamente per squilibrare moto e pilota. Ci scappa qualche frenata d’emergenza da velocità elevate (150 km/h). Il tutto fatto sia da soli che in due. Perché loro dovranno lavorare in due. Senza contare che sedere dietro aiuta a mettersi a confronto con la guida di chi siede davanti. Per questo faccio alternare assieme i più esperti e sciolti con quelli meno smaliziati. Del resto, hanno già fatto gruppo (non si conoscevano tutti fra loro), e mi piace vedere come si aiutano uno con l’altro.

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A fine corso si impara a improvvisare
Alla fine arriva l’esercizio più importante nell’ottica del loro lavoro futuro: salgo dietro e faccio il passeggero non collaborativo. Sbilancio volutamente il guidatore, in curva tiro la moto dalla parte opposta, mi alzo in piedi e mi muovo come un operatore con telecamera che deve improvvisamente cambiare lato dal quale fare la ripresa. In tutto questo chiedo accelerazioni, curve e frenate; ovviamente da fare delicatamente, perché io sono in piedi. Serve coraggio (e abbigliamento tecnico al top) per fare questa prova, ma ormai conosco a fondo questi ragazzi, so cosa aspettarmi da loro e… non è mai capitato di cadere facendo questo test. Bravi!
Manca un esercizio, che mi serve come verifica finale di quanto siano migliorati gli allievi e di quanto sappiano improvvisare. In fila indiana dietro di me, non debbono perdere il contatto con chi li precede; ma non debbono neanche trovarsi in difficoltà. E allora faccio la lepre, utilizzando i birilli sparsi sul piazzale disordinatamente, improvvisando percorsi imprevedibili, con forti cambi di ritmo, curve strette e curve larghe, accelerazioni, curve veloci, frenate secche, porte da fare in souplesse. Quasi un gioco.
La parte didattica del corso finisce qui.
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Per l’esame si simula una situazione di gara

Venerdì è il giorno dell’esame. Ci incontriamo di buon’ora con un equipaggio storico, che da tantissimo tempo fa questo lavoro: pilota e operatore, Nazareno e Francesco. Ci si conosce da anni ormai, l’atmosfera è quella di una rimpatriata fra amici. Ma noi 3 siamo anche la Commissione d’Esame, assieme ovviamente all’Ing. Moscarini dell’Isam.
Nazareno e Francesco hanno portato le moto vere, quelle che si utilizzano per lavorare. E c’è il consueto gruppo di amici ciclisti della ASD Anagni Ciclismo, ai quali abbiamo chiesto di fare un allenamento in pista con un po’ di scaramucce, scatti e gruppetti che si separano, per simulare situazioni reali di gara.
Io mi sento già in vacanza, ma vivo con una certa trepidazione la prova di ognuno dei miei ragazzi, seguendoli da dietro con la mia moto. Li conosco da soli 4 giorni, ma li ho spinti al loro limite e oltre più volte, magari anche a velocità elevate. E li ho visti impegnarsi al massimo per raggiungere il risultato. Un po’ mi sento responsabile, un po’ partecipo con loro.
Finito l’esame, si pranza assieme al sole, sul prato. Si chiacchiera, si ride, si scherza. Finalmente mi rilasso: anche questo corso si è chiuso a zero incidenti. Manca solo la riunione finale con l’Ing. Moscarini, per stilare le schede con i giudizi finali di ognuno degli allievi da mandare alla loro azienda.
Sono le 17 quando carico le ultime due moto sul furgone, fra le quali la “mia” RT1250 Sport. L’ultimo impegno è riconsegnarle alla filiale BMW di Roma. E’ finita. Imbocco l’autostrada rilassato mentre inizia a piovere. Ripenso ai miei allievi, agli ultimi messaggi che mi stanno ancora inviando su WhatsApp. Sorrido, e penso di essere veramente fortunato a fare un lavoro tanto bello.
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Il video del corso
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