Uno sguardo sul futuro della nostra mobilità
Il gruppo di lavoro Gear 2030 della Commissione Europea, ha pubblicato un interessante rapporto che annuncia le linee guida dello sviluppo della mobilità su strada e dell’industria a essa collegata. Vi si legge il futuro del nostro settore, dalle politiche industriali e commerciali, a quelle di sviluppo di determinate tipologie di veicoli
- Lo sviluppo dei veicoli elettrici e di quelli automatizzati
- La competitività sui mercati globali, le regole comuni del mercato e quelle per l’incentivazione di determinate categorie.
- Il rapporto con la concorrenza crescente di aziende extraeuropee
- La gestione della forza lavoro, in un’azienda che cambia, che richiede profili differenti, con nuove specializzazioni. E l’esigenza di una piattaforma comune di formazione, per consentire flessibilità e mobilità ai lavoratori europei
- L’ammodernamento delle infrastrutture stradali e le nuove dotazioni tecnologiche necessarie; a partire dalla connettività 5G, fondamentale per il dialogo fra veicoli
Sono questi i temi principali che riempiono le 75 pagine del rapporto finale del gruppo di lavoro di alto livello Gear 2030, creato dalla Commissione Europea nell’ottobre 2015. Nel gruppo c’erano i rappresentanti dei ministri europei dei trasporti, dei costruttori di veicoli, parti, ricambi, pneumatici. E ancora, consumatori, esperti di sicurezza stradale, assicurazioni.
Un rapporto prezioso, sia perché fotografa la situazione del mondo automotive a oggi sia perché individua le linee guida future sulle quali si muoverà l’Europa. La direzione che ci faranno prendere.
Due punti fermi: nel giro di pochi anni saremo sempre più incentivati all’acquisto e all’uso di veicoli elettrici, e l’automazione dei veicoli avrà uno sviluppo molto rapido.

Per quanto concerne il mondo motociclistico, il parere dell’ACEM, l’Associazione Europea dei Costruttori di Moto, è positivo, come si legge nelle parole di Antonio Perlot, il segretario generale.
“Accogliamo con favore il riconoscimento della necessità di norme europee che promuovano la competitività, incentivino l’ innovazione e rendano l’Europa un luogo attraente per le imprese in cui investire. Accogliamo inoltre con favore la volontà della Commissione europea di organizzare discussioni più approfondite su altri settori importanti per il settore automobilistico”.
E più avanti continua: “il commercio internazionale è un settore importante in cui sono necessari interventi decisivi. Molti paesi dell’ Asia sudorientale non consentono ancora l’importazione di motocicli di fascia alta, mentre possono facilmente immettere i loro prodotti sul mercato europeo. Ciò crea una situazione di squilibrio che deve essere affrontata dai responsabili politici“.
La relazione si apre tracciando i tratti fondamentali del settore Automotive in ambito UE.
Nel 2016 il comparto automotive in Europa ha portato 395,7 miliardi di tasse e occupato 12 milioni di persone. Con un saldo fortemente attivo della bilancia import-export, pari a 89,7 miliardi di euro.
Cinque le sfide da affrontare, nell’immediato e nel medio periodo:
- Nuove tecnologie, sistemi alternativi di propulsione e nuovi modelli di business
- Obiettivi climatici, ambientali e di salute pubblica
- Cambiamenti sociali e cambiamenti nel modo con il quale i consumatori accedono all’auto, la comprano e la usano
- Globalizzazione e aumento della concorrenza
- Cambiamenti strutturali, con forte sviluppo dei veicoli a basse o nulle emissioni e di quelli automatizzati.
Il quadro economico
Nelle auto fino al 2010 l’Europa è stato il primo produttore mondiale. Poi è arrivata la Cina, che nel 2015 ha prodotti 21 milioni di auto, contro i 16 dell’Europa. Ovviamente nei 21 milioni bisogna considerare anche le (tante) auto prodotte in territorio asiatico da produttori non cinesi.
Per quanto riguarda moto e ciclomotori, la produzione mondiale nel 2005 era pari a 28 milioni di pezzi, mentre nel 2015 ha raggiunto quota 39 milioni! Ovviamente si parla prevalentemente di veicoli di bassa cilindrata e di basso costo, ma la quantità fa il business. E l’India è ormai il primo produttore mondiale, con 19 milioni di pezzi.
Le tendenze future sono molto chiare. Aumenterà il numero dei veicoli. Per le auto ad esempio, dai 57 milioni prodotti nel 2015 si andrà ai 107 del 2050. Perché assorbiranno moltissimi veicoli i grandi paesi dove ancora c’è una scarsa diffusione di auto private. In Cina, ad esempio, siamo a 100 auto ogni mille abitanti, contro le oltre 800 presenti negli Stati Uniti.
I grafici sulla produzione prevista di auto e moto sono però impietosi: Cina e India voleranno.
Ed è una crescita che si basa anche su forti investimenti. La Tata Motors ad esempio recentemente si è segnalata per un incremento annuale degli investimenti in R&D del 108,9%, e la Hyunday del 26,9%.
La Cina, primo paese al mondo per i veicoli elettrici, investe anche tantissimo nella ricerca e sviluppo di tale tipo di veicoli: 4,8 miliardi di euro. Una cifra monstre, superiore alla somma di quanto spendono Germania (1,4 mld), Francia (1 mld), USA (0,15 mld), Giappone (0,1 mld) e Corea (0,1 mld). E l’Italia? Non pervenuta nel rapporto.

Il grande sviluppo degli elettrici e degli automatici
La previsione è di avere in Europa dai 9 ai 20 milioni di veicoli elettrici già nel 2020, e dai 40 ai 70 nel 2025.
Tempi rapidi; e i veicoli ibridi potranno essere un valido strumento di transizione, che inizierà da subito a far scendere le emissioni, a patto che siano tenuti facilmente carichi e che abbiano un’autonomia elettrica sufficiente al commuting medio (circa 40 km).
Negli anni, il prezzo dei veicoli elettrici calerà, mentre crescerà quello dei tradizionali veicoli con motore termico, che faranno sempre più fatica a rientrare nelle norme d’omologazione. Il loro crepuscolo definitivo è previsto iniziare nel 2030.
Sarà fondamentale incentivare la transizione anche economicamente; perché in Olanda si è già visto come allo scadere degli incentivi, nonostante la presenza di una buona rete di impianti di ricarica, la crescita dei veicoli elettrici si sia ridotta.
L’UE nel frattempo sta supportando un progetto sperimentale per l’installazione di 25 stazioni di ricarica ultra rapide (300 kW) entro il 2018: saranno sparse in Olanda, Belgio, Germania e Austria.
Ma c’è un’annotazione importante: si parla di veicoli a emissioni zero, ma nel loro ciclo vanno considerate comunque delle emissioni. Si emettono infatti gas inquinanti per produrre l’energia elettrica, per produrre i veicoli e per il loro ciclo commerciale.
Per contro, il passaggio all’elettrico significherà anche liberarsi dalla dipendenza da petrolio. Sempre che non si creino nuove dipendenze, ad esempio per i metalli utilizzati nelle batterie.
I grandi produttori di accumulatori, tutti asiatici, abbiano già iniziato a impiantare in Europa delle linee produttive: una colonizzazione al contrario! Per questo è fondamentale che la nostra industria sviluppi un proprio know-how nella produzione di batterie.
Per quanto riguarda i veicoli automatici, le stime a livello globale parlano già di un 20% del totale dei veicoli venduti nel 2025 costituito da mezzi a forte automazione. Con un sensibile giro d’affari (30-60 mld di euro).
Molti stati europei hanno già strategie nazionali specifiche e stanno portando avanti dei test (Francia, Regno Unito, Olanda, Germania e Svezia). Manca però un ordinamento comune, e uno specchietto pubblicato nel rapporto, mostra come su questo tema dei test su strada di mezzi automatizzati si sia andati avanti in ordine sparso.
Per questo il gruppo ha messo a punto delle linee guida per l’interfaccia uomo-macchina, e dei punti fermi per i test su strada. Rimane poi l’impegno UE a rendere disponibile entro la fine del 2020 la tecnologia 5G, un tassello fondamentale delle smart roads e per la comunicazione fra veicoli.
Se volete leggere il rapporto finale Gear 2030, cliccate QUI

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