La stupida guerra dei dazi USA-UE (che coinvolgerebbe anche le moto)
Nei giorni scorsi il Presidente americano Donald Trump ha anticipato la sua intenzione di imporre dazi commerciali su acciaio e alluminio importati negli USA. Ora arriva l’annuncio di contromisure da parte dell’Europa e di altri paesi, come il Canada. Una stupida e autolesionistica guerra commerciale che coinvolgerebbe (vogliamo usare ancora il condizionale) anche le moto provenienti dagli Stati Uniti
Nella giornata di oggi, mercoledì 7 marzo, la Commissione Europea dovrebbe ufficializzare i dazi commerciali da imporre a prodotti tipici americani. Si tratta di una ritorsione per la misura analoga che il Presidente Donald Trump ha minacciato di imporre sull’acciaio (25%) e sull’alluminio (15%) che gli USA importano.
Come ben sapete, l’Europa sta pensando di colpire in particolare tre prodotti tipici americani: il bourbon, i jeans Levi’s e le moto Harley Davidson, sulle quali potrebbe cadere una mannaia del +25% sul prezzo d’acquisto! Ma più probabilmente si tratterà di tutte le moto prodotte negli Stati Uniti.
Per ora si tratta solo di misure minacciate, e il presidente Trump appare relativamente isolato anche nel suo staff su questa folle idea, che sta spaventando il mondo industriale e non solo. È di oggi la notizia delle dimissioni del suo consigliere economico, Gary Cohn, proprio per il disaccordo su questa politica protezionistica.
Un’idea folle, scrivevamo, perché basta informarsi un po’ per scoprire che ormai il mondo è globalizzato. Parafrasando l’Orson Welles di Quarto potere, si potrebbe dire “è la globalizzazione bellezza, e tu non puoi farci niente”.
I dazi commerciali farebbero infatti salire i prezzi e porterebbero a una riduzione di occupazione
Se le aziende statunitensi hanno iniziato a comperare acciaio e alluminio all’estero, lo hanno fatto perché hanno trovato condizioni economiche e commerciali migliori. Se ora dovessero pagare di più le materie prime, sarebbe scontato che questi maggiori costi sarebbero riversati sulla clientela.
Dunque i dazi sono una misura inflattiva. Ma non solo. Rendendo meno competitivi i prodotti di un Paese, sia per l’aumento dei costi sia perché dall’altra parte arriverebbero (e stanno arrivando) sicuramente delle contromisure analoghe, porterebbero a un calo delle esportazioni, quindi della produzione, quindi dell’occupazione.
Basta studiare un po’ per capirlo. Anche perché la storia è già scritta e disponibile. Avete presente la Teoria del Caos di Edward Lorenz? Può il battito d’ali di una farfalla scatenare un uragano a migliaia di chilometri di distanza? Nel 2009 Barack Obama varò dei dazi commerciali sui pneumatici cinesi, e disse con questo di aver salvato un migliaio di posti di lavoro nel suo Paese. Peccato che successivamente il Peterson Institute for International Economics abbia calcolato che questa misura sia stata in realtà la causa della perdita di 3mila posti di lavoro altrove.
E oggi lo stesso Istituto sta criticando con forza l’idea del Presidente: “L’ imposizione di restrizioni commerciali per proteggere la sicurezza nazionale americana rappresenterebbe un cambiamento senza precedenti nella politica statunitense e avrebbe enormi ripercussioni economiche e istituzionali, che andranno ben oltre i due casi attualmente sulla scrivania di Trump”. E dedica molto spazio a illustrare l’errore implicito nell’idea di alzare nuove barriere commerciali (https://piie.com/).
La reazione dei costruttori di moto
Questo il comunicato stampa che l’Acem, l’Associazione Europea dei Costruttori di Moto, sta diffondendo nella mattina del 7 marzo.
“L’Associazione europea dei costruttori di motocicli (ACEM) esprime la sua preoccupazione in seguito alle recenti dichiarazioni rilasciate dalle autorità europee e statunitensi sulle importazioni di acciaio e alluminio. L’ACEM comprende le ragioni alla base delle possibili reazioni europee qualora gli USA decidessero di incrementare i dazi sull’importazione di acciaio e alluminio. Ciononostante, l’industria motociclistica sarebbe gravemente danneggiata se coinvolta in questa ‘guerra commerciale’.
Harley Davidson, noto marchio motociclistico e membro ACEM, è stata menzionata tra gli obiettivi nel mirino delle possibili contromisure europee. L’ACEM ha scritto al Commissario europeo per il commercio, Cecilia Malmström, sottolineando che, sebbene l’industria capisca le ragioni alla base di contromisure europee dettate da rigore e fermezza, un potenziale aumento dei dazi sulle esportazioni americane di motocicli danneggerebbe sicuramente non solo le aziende americane, ma anche le economie e l’occupazione in Europa. D’altro canto, questo potrebbe comportare l’imposizione di dazi commerciali sulle esportazioni europee da parte dell’amministrazione statunitense. Nel complesso, quindi, queste contromisure potrebbero generare considerevoli conseguenze negative sull’economia, comportando un calo dell’occupazione per il settore motociclistico negli USA e in Europa, in particolare in quelle aree coinvolte nella produzione e distribuzione di veicoli, relativi ricambi e componenti”.
Stefan Pierer CEO di KTM AG e Presidente dell’ACEM ha affermato: “Le aziende motociclistiche sono attori internazionali coinvolti in accordi commerciali liberi ed equilibrati. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea dovrebbero cooperare per facilitare il commercio internazionale e per giungere a una convergenza sul piano normativo; non dovrebbero limitare gli scambi adottando misure unilaterali, motivate da ragioni politiche”.
Antonio Perlot, Segretario Generale dell’ACEM, ha aggiunto: “L’UE è un mercato chiave per i brand dell’industria motociclistica americana. E gli USA sono il primo partner commerciale dell’UE per il settore motociclistico. Confidiamo che le autorità europee e statunitensi non incrementino i dazi commerciali globali, che potrebbero danneggiare gravemente l’industria motociclistica di entrambe”.
A margine si fa notare che:
Nell’Unione Europea sono circa 156.000 i posti di lavoro che dipendono dall’industria motociclistica (motocicli, ciclomotori, tricicli e quadricicli)
Stando ai dati EUROSTAT, le esportazioni europee di motocicli negli Stati Uniti ammontavano a € 483,1 milioni nel 2016, corrispondente al 29,1% delle esportazioni europee di motocicli. Inoltre, le aziende europee hanno esportato negli Stati Uniti ricambi e componenti per motocicli pari a € 139,6 milioni (30,8% del totale). Nel 2016 gli Stati Uniti erano il principale mercato di esportazione europeo per quanto riguarda il settore motocicli e relativi ricambi e componenti.
I fabbricanti membri dell’ACEM, fra cui figurano alcune delle multinazionali più importanti del settore, sono: BMW Motorrad, Bombardier Recreational Products (BRP), Ducati Motor Holding, Harley-Davidson, Honda, Kawasaki, KTM, KYMCO, MV Agusta, Peugeot Scooters, PIAGGIO, Polaris Industries, Renault, Royal Enfield, Suzuki, Triumph Motorcycles e Yamaha.
Reazione compatta anche dall’industria auto
Contro l’idea di Trump si sono schierati in massa i costruttori di auto; tutti. Il motivo è semplice: ormai le case hanno linee produttive nei vari continenti, hanno organizzato le produzioni con criteri ed economie di scala che non tengono conto di eventuali tassazioni legate al luogo di produzione o alla provenienza delle materie prime. Una misura come questa manderebbe all’aria tutto.
In un comunicato del 6 marzo, l’Acea (Associazione Europea dei Costruttori di Auto) fa notare che le aziende automobilistiche europee non solo esportano veicoli negli Stati Uniti, ma vi hanno una quota rilevante di linee produttive, “fornendo importanti posti di lavoro a livello locale e generando gettito fiscale. In effetti, alcuni produttori europei hanno i loro stabilimenti più grandi non nell’UE, ma negli Stati Uniti“.
E sempre l’Acea aveva già fatto notare come “l’eliminazione dei dazi e delle barriere non tariffarie attraverso la convergenza normativa consentirebbe al settore automobilistico di ridurre i costi e migliorare l’ efficienza, mantenendo nel contempo elevati standard ambientali e di sicurezza”.
Critiche forti dal mondo automobilistico sono riportate anche dal sito Automotive News, che cita stralci di interviste dei massimi dirigenti di un po’ tutte le case, a cominciare dall’americana Ford.
Insomma, a parte i produttori statunitensi di acciaio e alluminio, e a parte la manodopera di queste specifiche aziende, tutti sembrano contro Trump. Ma lui, come al solito vuole fare di testa sua.
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