Emergenza Smog: siamo sempre nei guai
L’autunno è iniziato all’insegna dell’aria inquinata, e sono già 25 le città oltre i 35 giorni annuali concessi per il superamento del PM10. Tutte a Nord, a eccezione di Frosinone. La palma di città più inquinata va a Torino, già a quota 66 giorni oltre il limite
L’emergenza smog, sempre più cronica, non conosce stagioni. Quest’anno il picco di polveri sottili nell’aria non ha aspettato il rigido inverno, anzi è arrivato con largo anticipo, prima in primavera e poi in autunno.
Con un autunno quasi estivo e l’assenza di piogge, da gennaio a metà ottobre sono ben 25 le città che hanno superato il limite di 35 giorni, con una media giornaliera oltre i 50 microgrammi per metro cubo, previsto per le polveri sottili (PM10). Ben 24 di queste appartengono a sole 4 regioni del nord Italia (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna).
Bollino rosso per Torino (66 gg di superamento di PM10), Cremona (58 gg) e Padova (53 gg). Ma anche le altre città hanno comunque superato nella maggior parte dei casi già i 40 giorni di sforamento, come nel caso di Frosinone (52gg) e Milano (50gg).
Proprio nella città lombarda in questi giorni è scattata l’emergenza. Ma già da marzo, città come Torino, Alessandria, Asti, Milano, Bergamo, Brescia, Cremona, Venezia, Padova e Vicenza, avevano ampiamente sforato i 35 giorni concessi. “Senza alcuna azione efficace, da parte di chi avrebbe dovuto programmare e mettere in campo interventi concreti per superare una volta per tutte il problema, ed evitare di arrivare già al prossimo inverno con lo stesso problema”.
La denuncia arriva da Legambiente che, oltre a fare il punto sull’aria inquinata con i primi dati sul PM10, nel report “L’emergenza smog e le azioni (poche) in campo”, punta il dito contro i ritardi di regioni e sindaci, i principali responsabili dei “Piani di risanamento dell’aria”, che in questi mesi avrebbero dovuto definire azioni ad hoc e misure stagionali nei rispettivi Piani di risanamento e attraverso le delibere stagionali anche alla luce del piano antismog, firmato dal ministero dell’ambiente con Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto a fine giugno.
“I primi ritardi -scrive l’Associazione ambientalista- nel fronteggiare il problema delle polveri sottili, arrivano proprio dalle Regioni del nord, che ogni anno sono le prime ‘vittime’ dell’emergenza polveri sottili. Ad esempio la Regione Piemonte e quella del Veneto non hanno approvato la delibera stagionale di misure antinquinamento. In Piemonte la proposta di delibera è ferma a oggi in Commissione Ambiente del Consiglio Regionale e dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni. Da quel momento i sindaci dei 54 Comuni con oltre 20 mila abitanti (che negli ultimi 5 anni hanno superato per almeno 3 anni il limite di 35 sforamenti) dovranno emanare entro il 30 ottobre le conseguenti ordinanze”.

Tra gli altri ritardi che Legambiente analizza nel suo report, l’associazione ambientalista segnala il dietrofront della Lombardia nella lotta allo smog. I vecchi Piani di risanamento dell’aria, quelli varati anni fa dal presidente Formigoni, prevedevano la messa al bando nel semestre invernale degli Euro 3 già dall’inverno scorso. Con la scusa che Piemonte e Veneto non erano ancora pronti, il presidente Maroni ha invece deciso ancora un rinvio. Il Comune di Milano manterrà il divieto sul territorio e controllerà i trasgressori con le telecamere dell’Area C” del centro città.
La Regione Emilia Romagna invece ha conservato il divieto già stabilito agli Euro 3 diesel. Ritardi si registrano anche in Veneto, dove a fine novembre la Regione ha emesso delle linee guida relativamente al blocco degli Euro3 nel caso in cui zone/agglomerati raggiungano il livello di criticità 2 (ossia quando viene superata la concentrazione media giornaliera di 100 microgrammi al metro cubo per 3 giorni consecutivi). Il piano, definito sperimentale con durata fino al 31 marzo 2017, non è stato rinnovato lasciando così i sindaci senza indicazioni. La Giunta regionale si è limitata a ratificare il Protocollo con il Ministero per l’Ambiente prevedendo limitazioni dall’ottobre 2018 solo nei comuni sopra i 30.000 abitanti, senza tener conto delle zone omogenee o agglomerati di comuni precedentemente stabiliti.
Tra le altre questioni che Legambiente solleva nel report, c’è poi il blocco della circolazione dei diesel Euro 2 e delle auto a benzina Euro 1, e il problema dei riscaldamento negli edifici pubblici e privati. Nel primo caso l’associazione ambientalista lamenta la mancanza di controlli e multe nei confronti dei trasgressori. L’ANCI e i Comuni hanno chiesto da tempo alle Regioni e al governo di essere dotati di strumenti e modalità di controllo. Ad oggi sono pochi i comuni che fanno ciò, tra questi c’è ad esempio il comune di Bergamo che ha predisposto squadre di vigili che registrano i passaggi con telecamere e costosi software di riconoscimento validati dal Ministero dei Trasporti. Per quanto riguarda il riscaldamento degli edifici, ancora oggi un terzo delle abitazioni risulta non a norma con l’applicazione di strumenti automatici di controllo della temperatura.
E all’estero cosa succede?
L’Inghilterra ha annunciato la fine delle vendite del diesel nel 2040, investito subito 1 mld di sterline per la mobilità elettrica e per la ricerca e la promozione di tecnologie pulite (saranno 2,5 mld entro il 2021) e deciso 27 zone a pedaggio nelle aree urbane di tutto il Regno Unito, con aumento di 10 sterline per i veicoli più inquinanti. L’obiettivo è quello di finanziare il retrofitting dei bus e delle auto pubbliche. La compagnia dei taxi di Londra, rilevata da una società cinese, ha già pianificato l’elettrificazione di tutti i taxi nei prossimi due anni. A Londra il sindaco Sadiq Khan, ha annunciato “audit di qualità dell’aria” in 50 scuole elementari nelle aree peggiori inquinate di Londra. La prima scuola da monitorare è nei pressi della Beech Street, dove i livelli di inquinamento sono il doppio del limite legale. La Scozia ha deciso di anticipare il divieto di vendita dei motori a combustione interna al 2023. Ancora più avanti va la città di Oxford, dove dal 2020 il centro città sarà aperto solo ai veicoli elettrici. E dal 2035 tutta la città sarà a emissioni zero. Per questo ambizioso progetto, il Governo inglese ha già concesso un finanziamento di 1,3 milioni di sterline per la creazione di aree di ricarica per veicoli elettrici.
Interventi contro lo smog anche a Parigi dove la sindaca Anne Hildalgo sta attuando un coraggioso piano di riorganizzazione dei trasporti (sviluppo del trasporto pubblico e della mobility sharing elettrica) e di ridisegno dello spazio pubblico con lo scopo di dimezzare la superficie pubblica occupata dagli autoveicoli e della careggiate stradali. Obiettivo di Parigi: dimezzare il numero delle automobili e vietare progressivamente quelle più inquinanti entro il 2025. Dunque la sindaco di Parigi ha già pianificato lo stop ai diesel entro il 2024 e il successivo stop alle auto a benzina entro il 2030. Con 10 anni di anticipo sugli obiettivi nazionali. Del resto, Parigi è una città dove si può vivere facilmente senza possedere un’auto. La Hidalgo fa anche notare come Tokyo abbia bloccato i diesel già da 10 anni, come la Cina sia oggi il primo paese al mondo produttore e utilizzatore di veicoli elettrici. E come l’India abbia pianificato per il 2030 l’addio ai motori a combustione interna.
Tra gli altri interventi che molti Stati (come Slovenia, oltre che Francia, Svizzera e Austria) stanno adottando, c’è anche quello dell’abbassamento dei limiti di velocità autostradali: 110, 100, persino 80 Km/h. L’Italia invece resta l’unico paese a ritenere intoccabili i limiti di velocità autostradali: 130 Km/h sempre, per qualsiasi autoveicolo.
(Nella foto d’apertura -di Igor Jefimovs- la città Kazaka di Alma Ata, Almaty, evidentemente afflitta da problemi di inversione termica, come succede nelle nostre città della Pianura Padana)
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