Quaderni di tecnica – 3 – Le sospensioni
Il nostro @lukethebike, apprezzato tecnico e collaudatore presso la Honda Europa, negli anni ha curato una serie di corsi tecnici per concessionari e officine autorizzate. Si parla di Corso Base di Manutenzione, Corso Telaio e Corso Iniezione. Ora ha deciso di riprendere in mano quel materiale e di proporre una rubrica fissa su Motoskills.it
Di Lukethebike
Per introdurre le sospensioni il punto di partenza è che la moto, come qualunque altro veicolo, deve mantenere il contatto con il fondo stradale attraverso i pneumatici per essere governabile. Cosa affatto scontata, perché qualunque strada, anche una pista, ha una serie di ondulazioni più o meno pronunciate che tendono a far “saltare” le ruote. A questo si aggiungono poi le sollecitazioni date da frenate, accelerazioni, spostamenti del pilota e curve.
Le ruote della moto debbono dunque “copiare” la superficie dell’asfalto, mantenendo sempre il contatto con essa. Cosa non possibile se l’insieme della moto è rigido.
Ed ecco che arrivano le sospensioni, che hanno proprio questo compito: permettere alle ruote di oscillare verticalmente, per “copiare” la superficie dell’asfalto, assorbire le sollecitazioni e tenere sempre i pneumatici in assetto per avere aderenza.
Le sospensioni, a dire il vero, hanno anche un altro compito, forse più intuitivo: quello di rendere la marcia più confortevole possibile per i passeggeri, assorbendo le asperità, addirittura le buche nel caso delle moto da fuoristrada.
Un altro concetto fondamentale che dobbiamo introdurre per parlare di sospensioni è quello di masse sospese e di masse non sospese.
Le masse sospese sono tutte le parti del veicolo poste al di sopra della sospensione. Quelle che hanno le asperità della strada “filtrate” dalla sospensione.
Le masse non sospese sono invece quelle che sono sotto la sospensione. Vale a dire la ruota, il forcellone, catena e corona, i dischi dei freni con le pinze. Anche i parafanghi, a parte le moto da fuoristrada che li hanno alti.
Le masse non sospese si muovono insieme alla ruota per copiare l’asfalto. Ponendo il problema che, essendo masse, hanno un’inerzia. Questo significa che rallentano il movimento della ruota quando deve copiare l’asfalto, e scaricano la loro inerzia sulla sospensione, che deve vincerla per far si che la ruota assorba – ad esempio – un dossetto, ma che poi torni subito giù a contatto con l’asfalto, senza saltare.
Ecco perché si tende sempre a ridurre al massimo le masse non sospese, spostando tutto quello che si può al di sopra delle sospensioni. Per facilitare il lavoro di forcella e ammortizzatori.
Com’è fatta una sospensione
La sospensione è composta schematicamente da 3 parti: un elemento elastico, che assorbe le asperità e che rimanda la ruota a contatto con l’asfalto, un elemento smorzante, che “spegne” le oscillazioni della ruota, e un leveraggio di azionamento, che può essere il complesso del forcellone e delle biellette di azionamento della sospensione.


Ovviamente la sospensione anteriore e quella posteriore debbono essere indipendenti. Per impedire che una reazione dell’anteriore si possa ripercuotere sul posteriore. E hanno anche modalità di funzionamento differenti. Perché l’anteriore deve sopportare un carico notevolmente inferiore. Per questo all’anteriore si adotta una taratura notevolmente più morbida, con una molla dalla frequenza propria notevolmente inferiore.
Il concetto di frequenza propria merita di essere spiegato. Se la sospensione fosse costituita solo dalla molla, all’atto della compressione verrebbe caricata di energia potenziale, che poi verrebbe restituita teoricamente in egual misura. Questo significa che la molla una volta compressa tenderebbe a oscillare all’infinito, dando origine a un moto armonico semplice. La cui frequenza, appunto, è la frequenza propria della molla.

L’elemento elastico della sospensione è costituito dalla molla, costruita di solito in acciaio armonico, una lega di acciaio ad alto tenore di carbonio. Esistono anche molle in titanio, ma l’acciaio, a parte i costi ovviamente inferiori, garantisce un coefficiente elastico migliore, vale a dire che sopporta un numero di cicli superiori senza snervarsi, senza perdere la forma originaria.
La forza che la molla esercita quando viene compressa è esprimibile attraverso un’equazione semplice: F=K·X, dove K è un fattore fisso determinato da una serie di parametri di costruzione della molla e X è la variazione di lunghezza della molla in compressione.
Dunque il K di una molla, quella che in gergo per semplificare viene chiamata la sua rigidezza, dipende da una serie di fattori. Il primo è la sezione del filo, ed è intuitivo comprendere che tanto più è grande tanto maggiore è la forza della molla. Poi c’è il diametro delle spire, molle di grande diametro sono più tenere di molle più piccole. Infine la rigidezza di una molla è influenzata anche dal passo delle spire; e anche in questo caso, tanto maggiore sarà il passo, tanto maggiore sarà la rigidezza della molla.


Il problema dell’uso di una semplice molla come sospensione è nel fatto che la molla per sua natura darebbe origine, come visto poco fa, a un moto armonico semplice, tendente all’infinito. Ecco l’esigenza di dotare la sospensione anche di un elemento smorzante.
A parte rari casi di sospensioni ad aria, per questo compito si usa l’olio, che viene fatto passare attraverso due tipologie di passaggi: i fori calibrati o orifizi, e i passaggi liberi.
I fori calibrati sono dei passaggi sempre aperti per l’olio, il cui diametro in genere va dagli 0,8 ai 3,5 mm. Tanto più la sollecitazione è forte, vale a dire tanto più il pistone richiede di muoversi velocemente, tanto più offrono resistenza al passaggio dell’olio. Ecco perché la sospensione idraulica è naturalmente progressiva.
Il limite è nel fatto che sulle sollecitazioni particolarmente forti, i fori calibrati non sono sufficienti, e utilizzando solo questi la sospensione non sarebbe in grado di assorbire l’energia dell’asperità incontrata sulla strada, trasmettendola al corpo del veicolo e ai suoi passeggeri.
Allora si ricorre ai passaggi liberi, che sono più grandi degli orifizi, ma che vengono tenuti chiusi da una molla. Che resiste fino a una determinata pressione. Questo sistema è stato sviluppato poi nei pacchi lamellari, che garantiscono frenature controllate sia in compressione che in estensione. E che possono essere regolati a mezzo di una vite (registro), per essere più o meno resistenti.


Il limite di questo sistema era ancora nel fatto che si creava della schiuma nei pressi degli orifizi e dei passaggi liberi, per le forti differenze di pressione. Problema risolto da De Carbon con l’intuizione della camera di compensazione separata dove si inserisce gas ad alta pressione che mantiene l’olio costantemente fra i 10 e i 16 bar, riducendo la suddetta differenza di pressione.
Dunque la sospensione assorbe le sollecitazioni sia attraverso la molla che attraverso l’idraulica. E quando restituisce l’energia, questa viene smorzata dalla frenatura idraulica, che in questo caso contrasta la molla. Ecco perché con il tempo si è compreso che la frenatura idraulica in estensione deve essere approssimativamente tripla rispetto a quella in compressione. Fatto salvo l’utilizzo di oli di buona qualità e periodicamente rinnovati. Perché il fluido della sospensione è soggetto a forti variazioni di temperatura, che ne alterano la viscosità sia sul momento che sul lungo periodo.




Un’ultima annotazione per parlare di leveraggi progressivi, come il Pro-Link della Honda. Si tratta di sistemi di biellette interposti fra il forcellone e l’ammortizzatore. Il loro compito è aumentare mano a mano che il forcellone comprime la sospensione, la velocità stessa di tale compressione. Perché, se ricordate quanto visto poco fa, la resistenza di una sospensione è direttamente proporzionale alla velocità con la quale viene compressa. In questo modo si riesce ad avere una sospensione sufficientemente confortevole nella marcia normale, ma anche sufficientemente rigida quando le sollecitazioni divengono più forti.
Le puntate precedenti già pubblicate
Quaderni di tecnica – 1: prima di mettere le mani sulla moto
Quaderni di tecnica – 2: i fondamenti del motore
- Questo topic ha 0 risposte, 1 partecipante ed è stato aggiornato l'ultima volta 3 anni, 3 mesi fa da .
- Devi essere connesso per rispondere a questo topic.