10 moto da guidare prima di morire

Sono molte le moto belle da guidare, ma se dovessimo sceglierne 10 da guidare assolutamente almeno una volta nella vita? Saremmo in grado di fare questa selezione?

10 moto, solo 10 moto da scegliere in tutto il panorama mondiale. Da quelle storiche a quelle moderne. Il compito è scegliere le 10 moto migliori che si consiglierebbero a chi vuol capire l’essenza e l’evoluzione della moto.

Ho passato una giornata ad aggiungere modelli e a cancellarne altri. Ho messo da parte la passione per le moto supersportive e per quelle che ho sognato da ragazzino. L’obiettivo era stilare una lista il più possibile completa, rappresentandoci diverse filosofie motociclistiche e lasciando fuori i “doppioni”. Un compito difficilissimo, e vedrete che vi colpiranno certe assenze.

Ma andiamo dritti alla lista, partendo da quelle che abitualmente chiamo affettuosamente “roba vecchia”, le moto che hanno segnato il passato della moto.
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Le moto più importanti del passato

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1) Kawasaki H1 500 Mach3

Kawasaki H1 500 Mach3

Siamo nel 1969, e in Kawasaki decidono di fare una moto molto maleducata. 3 cilindri, 2 tempi, 60 cavalli a 8mila giri, per soli 174 kg di peso. La H1 è una bestia che quando salgono i giri ti spara un calcio nel sedere all’improvviso, alza la ruota anteriore e divora la strada. Il rumore, forte, è tremendamente gasante. Il telaio flette, la forcella è sottodimensionata, e i freni fanno poco. Gli ingredienti per la moto da teppista ci sono tutti, gli incidenti purtroppo pure. Però la Mach 3 è divenuta un mito, che 50 anni dopo ancora resiste.

Oggi la vorrei per sentirla borbottare ai bassi regimi, mentre lascia colonne di fumo. E godermi qualche tirata di marce al rosso in rettilineo. Curvare forte… no grazie. C’è di meglio.

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2) Moto Guzzi V7 Sport

Moto Guzzi V7 Sport 1971

1971. In Guzzi vogliono riaffermare il primato della maxi italiana potente e stabile come una roccia anche sul veloce. Si decide per una versione sportiva della V7. Ne nasce una moto bassa, lunga e affilata, anche se tozza. Una vera sportiva all’italiana, scarna, priva di inutili orpelli. Dal bicilindrico a V tirano fuori 72 cavalli a 7mila giri. Che non sono pochi per nulla considerando l’epoca. Il peso resta un po’ alto (225 kg), ma l’aerodinamica è buona. Leggendario invece il telaio a doppia culla, accoppiato a sospensioni comunque valide, ma sulle quali gli appassionati dell’epoca spenderanno soldi per sostituzioni mirate a migliorare il comportamento sportivo. Aveva la trasmissione a cardano, poco adatta alle moto sportive, ma la sua coerenza nei curvoni veloci è rimasta famosa.

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3) Yamaha XT 500

Yamaha XT 500 1976

Nel 1976 le moto da fuoristrada sono delle nervose 2T, fumose, perennemente incazzose e un po’ macchinose da usare: tocca portarsi dietro anche l’olio per la miscela. La Yamaha alza allora l’asticella, reinventando il monocilindrico 4T di grossa cilindrata. E nasce l’XT, una vera moto da fuoristrada (ha vinto le prime due edizioni della Parigi-Dakar!) adattata per girare anche sull’asfalto. Non fuma, non perde olio, fa 25 km/l e supera i 140 km/h; una velocità molto elevata per le enduro dell’epoca. A renderla famosa anche il difficile avviamento a pedivella, con un sistema integrato nel coperchio dell’albero a camme, per “indovinare” il punto di compressione dove dare il calcio. E occhio alla scalciata della moto. È divenuta amatissima e ancora oggi fioriscono nel mondo i club a lei dedicati. In Italia c’è il Motoclub XT 500.

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4) BMW R 80 GS

Emanuele BMW GS 80 Velletri
L’amico Emanuele con la sua R 80 GS del 1982 cui abbiamo dedicato un articolo lo scorso anno

Nel 1980 la BMW decide di entrare nel settore delle moto da entrofuoristrada. Erano gli anni del grande successo della Parigi-Dakar, e a Monaco si erano messi in testa di competere con il loro motore Boxer; che tutto sembrava fuorché adatto a questo. Nacque così la GS 80, una moto semplicissima (ne abbiamo parlato QUI!) eppure tremendamente efficace. Che ovviamente nel 1981 vinse la Parigi-Dakar guidata da Hubert Auriol. Quella moto ha ben poca parentela con l’attuale 1250, ma guidarla è stata una scoperta. Razionale in tutto, dall’ergonomia alle sensazioni di guida, è comodissima e rilassante. E dà piacere anche con i suoi pochi cavalli. Perché andare in moto non è solo dare il gas o fare le pieghe: con la GS 80 si capisce che è molto di più.

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Quando la moto è artigianale… e strana

5) Custom!

Custom Motorbike

Molti anni fa mi fu proposta una prova di questa moto realizzata artigianalmente sulla base di un’Honda Transalp 600. Telaio posteriore senza sospensione, sella (non imbottita) a 40 cm da terra, scarico rumorosetto con i collettori che passano giusto a fianco del malleolo destro. Un po’ troppo vicini: 15 anni dopo ho ancora le cicatrici delle ustioni. Violenta quando si dà gas al semaforo, vai a 70 e ti sembra di andare a 200. Ogni più piccola buca è una sofferenza, e si ha la sensazione di essere sempre in equilibrio precario. Però è un modo di andare in moto che ha un suo senso, quando il gusto del bello e dell’originalità diviene la cosa più importante. Ci rifarei volentieri un giro, per riprovare questa emozione così diversa.

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Le moto inaspettatamente efficaci

6) Honda Gold Wing

Honda Gold Wing 2021

Il progetto di questa maximoto adatta al turismo è nato nel 1975, con una prima versione da 1000 cc 4 cilindri boxer. Da allora la turistica si è trasformata nella regina delle supertourer, aumentando dimensioni e cilindrata. Il motore è cambiato, divenendo un 6 cilindri (sempre boxer) da 1833 cc. La carrozzeria è divenuta sempre più avvolgente, con valigie integrate e dotazioni di livello automobilistico. Il peso è salito a 390 kg in ordine di marcia. In movimento però la Gold Wing è una farfalla, leggera e facile da guidare. A suo agio anche nel misto, e addirittura capace di andature allegre. Il motore di suo c’è sempre, con una schiena robusta e una musica che non ci si stanca mai di ascoltare.

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7) Harley-Davidson LiveWire

Harley-Davidson LiveWire Burnout

L’Harley è la prima grande casa che scende in campo con una moto full electric. Lo fa con questa LiveWire piena di personalità. Costa cara e ha i consueti problemi di autonomia e di ricarica che ci si attende da un’elettrica. Però è gradevole, forse anche bella da guidare. Il fascino del silenzio, la potenza dell’accelerazione senza usare il cambio, il gusto di rientrare a casa e attaccare la spina, dimenticando il benzinaio. L’ho avuta in prova e ho scritto che non è alternativa a una moto tradizionale: è una cosa diversa. E chi vince la ritrosia a provarla può scoprire il gusto di guidare elettrico. Chiedete un test ride a un concessionario, anche solo per curiosità. Qui la mia prova.

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8) Honda X-ADV

Honda X-ADV 2021

È una moto o uno scooter? In molti lo chiamano il coso, perché ha un’aspetto da scooterone e una meccanica motociclistica. Difficile inquadrarlo. Spazio, protettività dagli agenti atmosferici e comodità, uniti a prestazioni da moto, con il cambio DCT a completare l’esperienza di guida. In più l’X-ADV ha le sospensioni a lunga escursione e i ruotoni, per affrontare le nostre strade in pessime condizioni. La passione probabilmente è da un’altra parte, ma l’X-ADV è sicuramente una pietra miliare nel mondo delle due ruote. Qui su Motoskills.it ce ne ha parlato il nostro Multistrangola.

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La moto vecchio stile efficace

9) Aprilia Tuono 1000 r

ApriliaTuono 1000 r Factory

Lo ammetto, sono di parte. Questa è la mia moto. Un bicilindrico 1000 cc (Rotax) piuttosto scorbutico ai bassi regimi, con la centralina settata per gli scarichi aperti. Il telaio è lo stesso della RSV 1000, e le dotazioni sono tutte di prim’ordine. Si guida come una moto da corsa, ma con estrema facilità. Ecco allora che 140 cavalli per circa 200 kg in ordine di marcia, senza nessun controllo elettronico, sono sufficienti per creare una specie di “macchina del sorriso”. Ci si può andare a passeggio come divertirsi a smanettare sui passi di montagna. E poco importa se le moto moderne hanno 80 cavalli in più e tanta elettronica da usare in ogni momento. Questa moto rappresenta l’essenza dell’andare in moto sportivamente.

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La moto alternativa

10) Yamaha Niken

Un tre ruote dallo sguardo aggressivo, ma dalle prestazioni tutto sommato tranquille. Facile da guidare nonostante la mole, comunica molta sicurezza su fondo rovinato o sporco, anche in curva. Ha personalità, certo, ma per chi è motociclista dentro e amante della moto da sempre, guidare la Niken serve a capire perché è meglio la moto tradizionale!

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La moto che sarebbe bello poter guidare

Suzuki Gamma Formula 1 1986

Nel 1986 Pierfrancesco Chili correva il Campionato Mondiale Grand Prix con la Suzuki 500 del Team Gallina. Nello stesso anno “il Gallo” decise di preparare una moto di Formula 1 partendo dalla base della moto da gran premio. Cilindrata gonfiata a 653 cc e una manciata di modifiche. Sono stato fra i fortunati giornalisti invitati a provarla, per un lungo test a Misano Adriatico. Erano altri tempi, e Roberto Gallina mi ha lasciato girare a lungo, mentre Chili mi guardava dal muretto. Cosa ricordo? Un’accelerazione mai provata neanche sulla più potente supersportiva stradale, le marce che andavano dentro una dopo l’altra in rettilineo con un salto di regime perfetto per tenere il motore sempre in coppia massima. Una ciclistica che definire sensazionale è poco. E la sensazione, in fondo al rettilineo, di frenare frenare frenare e… non fermarsi mai. In quel periodo ho avuto la fortuna di guidare molte moto da competizione; ho scelto questa perché mi ha dato subito del tu.

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Le moto rimaste fuori dalla classifica

Tante, tantissime. Avrei aperto con la Moto Guzzi Sport 14 del 1929 e con la Vincent Black Shadow del 1948, per continuare con la Triumph Bonneville del ‘59, perché il bicilindrico inglese di quell’epoca fa parte della storia della moto. E non avrei saltato l’Honda CB 750 Four del ‘69, la prima maximoto 4 cilindri veramente di alte prestazioni e di grande affidabilità e cura nella costruzione. Avrei inserito la Ducati 996 con la quale ho corso, insieme alle precedenti F1 e 888 (le ho avute entrambe in versione racing). E poi l’Honda RC30, l’Honda VFR del 1987 (ruota da 16 davanti e 18 dietro), una moto la cui guidabilità eccezionale non è mai stata uguagliata dalle versioni successive. Avrei inserito anche il mio Honda CBR 1100 XX, la prima astronave del club dei 300 km/h, che in autostrada quando non c’erano i tutor regalava emozioni indescrivibili. E poi la Triumph Street Triple RS, che ho provato lo scorso anno. Insieme alla Ducati Streefighter V4; alla quale ho riservato la foto d’apertura almeno. E se continuo non mi fermo più. Aggiungete le vostre moto preferite nei commenti, se volete!

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3 pensieri riguardo “10 moto da guidare prima di morire

  • martedì, 17 Agosto, 2021 in 18:38
    Permalink

    KTM 1290 superduke R

  • venerdì, 20 Agosto, 2021 in 10:36
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    La più lunga crisi con la motocicletta mi fu provocata da una Kawasaki 750. Nel 1976 ero in viaggio lungo l’autostrada in Liguria (in auto). Mi sorpassò una specie di missile che ritrovai in mezzo alla strada qualche chilometro più avanti. Mi ricordo che vidi prima la moto, poi due corpi sull’asfalto e, infine, un braccio vicino al guard rail. Che era successo? Di sicuro chi guidava aveva perso il controllo ed era caduto sul guard rail che gli aveva tagliato il braccio. Fu sufficiente. Al ritorno a casa vendetti la mia moto e per qualche anno non ci pensai più. Peccato perchè era una Guzzi Falcone del 1958 incapace di toccare i 120 km orari

  • venerdì, 20 Agosto, 2021 in 10:39
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    Comunque tra le dieci moto io metterei proprio il vecchio Falcone e anche l’Africa Twin sia quella originaria che quella del 2016 o del 2020. Sono di parte anch’io ovviamente perchè le ho avute tutte e tre

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